Il rituale noise di OVO e Bologna Violenta allo Ziggy

Articolo a cura di Francesco La Greca. Le schegge impazzite grind di Nicola Manzan e la melma doom del duo Pedretti-Dorella sono l’allucinazione collettiva di cui avevamo bisogno. Vi raccontiamo del doppio concerto organizzato da Zefir Live Show a Torino. 

La faccia di Papa Giovanni Paolo II contrita in una smorfia di dolore decora la T-Shirt di Nicola Manzan che recita poco più in basso “Polonia Violenta”.  Lo schermo dietro alla one man band mostra immagini di repertorio dell’epoca in cui la banda della Uno Bianca imperversava per la pianura emilano-romagnola. 103 crimini commessi, 24 omicidi, oltre 114 persone ferite tra il 1987 e il 1994. Il concerto dei Bologna Violenta che viene messo in scena questa sera allo Ziggy Club di Torino è una celebrazione del decennale dall’uscita di “Uno Bianca”. 27 brani, poco più di trenta minuti di musica.

L’ermetismo, la velocità e la violenza mai gratuita (perché la si paga con abbondanti acufeni) sono la formula che ha reso la proposta musicale di Manzan un unicum apprezzatissimo nel panorama più intransigente della musica italiana. Il concerto è una festa di schegge sonore velocissime e imprevedibili. Tra una pausa e l’altra Manzan ama scherzare con il pubblico che lo arringa, lo insulta, lo acclama con il tono e l’affetto che si riserva ad un vecchio amico. Nessun freno inibitore, in questo cabaret oscuro si ride, si soffre e ci si sente parte di qualcosa che va al di là della musica. I lavori di Manzan hanno un’estetica che può far colpo su pochi e tra questi pochi ci si sente fratelli. Finito il concerto corro ad accaparrarmi un cd di Polonia Violenta, lo pago tre euro e mi sento fortunatissimo.

Quando le luci si spengono nuovamente i toni si raffreddano e l’aria si fa pesante. Con la faccia pitturata e gli abiti da messa nera queer, salgono sul palco gli OVO, storico duo di Bruno Dorella e Stefania Pedretti.
Dorella è un gigante, una sua coscia potrebbe contenermi a mo’ di matriosca, sa di incutere timore e riversa la sua consapevolezza in un drumming particolarissimo, ridotto all’osso (non c’è nemmeno la cassa) dalle tinte tribali. Musica per sacrifici umani.
Stefania è piccola, i suoi dread toccano terra e sembrano avere vita propria. Una gorgone che nessuno ha il coraggio di guardare negli occhi.

La musica è lenta, appiccicosa e malsana. Stefania urla parole inesistenti, vuole evocare qualcuno. Il mio bicchiere di birra appoggiato per terra inizia a muoversi in autonomia seguendo la traiettoria di un pentacolo, non capisco se sia un sogno o la realtà. La musica degli OVO produce allucinazioni collettive.

Dalla chitarra di Stefania esce un rumore assordante, sembra un cantiere di demolizione, lei la suona con un plettro enorme ricavato forse da qualche cascame industriale e riesce sapientemente a convogliare il caos in una formula ormai collaudata ma sempre stupefacente perché unica nel suo genere.

A fine concerto rimango scandalizzato dalla dolcezza di Stefania, ci tiene a sapere da me dove abbia comprato i miei orecchini a forma di fiorellino. Mi rendo conto che convivono perfettamente due anime in Stefania: il demone e l’angelo. Due entità così ingombranti in un corpo solo? Dove trovano lo spazio? Con questi interrogativi, le orecchie fumanti e un bel CD con Papa Wojtyla in copertina sottobraccio, mi avvio verso casa contento di aver partecipato a questo rituale noise. Mi sento ancora più fortunato.
Ringraziamo la crew di Zefir Live Show (SEGUILI QUI SU IG) e segnaliamo le prossime bombe in programma, sempre allo Ziggy di San Salvario: stasera la talk “Woman in Action” con Federico Frusciante e giovedì la combo Kill Your Boyfriend e Valerian Swing. Le foto nell’articolo sono di Fabio Serrao