L’ultimo film di Polanski è da intellettualizzare come iperbole colta o è semplicemente mediocre come i personaggi che racconta?
Io onestamente alzo le braccia: qualcuno mi aiuti a capire, perché sto leggendo delle recensioni che mi lasciano sbigottito.
Vogliamo stare sulla scia della commedia grottesca in stile Ostlund che in questo caso diventa una sorta di parodia cinica e beffarda del cinepanettone? Va benissimo. Tuttavia non c’è una gag che faccia ridere o non risulti trita e ritrita o vecchia in partenza. Allo stesso tempo non c’è nulla di realmente destabilizzante, solo – scusate ogni tanto va detto – un senso di CRINGE continuo, che in un frullatore di situazioni noiose non trova mai guizzi né apice, non dà mai “il giro”. E più che “non fare sconti a nessuno”, sembra apparecchiare una farsa da discount.
Grand Budaperst Hotel con la supervisione di Lory Del Santo: da The Palace a The Lady. Poi Polanski è Polanski ed è ovvio che sappia dirigere un cast stellare con mestiere e ritmo.
È da prendere come una trollata a noi e al “sistema”? Non fa ridere né riflettere volutamente proprio come i cinepanettoni? Non ha capo né coda esattamente come la vita? La sua eventuale grandezza risiede proprio nel non fare mai il giro, rimanendo in bilico in un limbo urticante?
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Se l’intento di Polanski con The Palace era quello di crogiolarsi in un cosiddetto divertissement, vien da chiedersi con estrema sincerità se si sia divertito almeno lui a girarlo.
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A cura di Lorenzo Giannetti