In occasione dell’ultima serata ai Giardini della Rocca, Artico Festival ha portato a Bra la stand up comedian nippo-bresciana Yoko Yamada. A cura di Alessandro Giura.
Continua dunque l’ottimo lavoro della direzione artistica del festival braidese, con la prima protagonista femminile dopo Rapone, Ferrario nelle scorse edizioni e Tinti quest’anno. Quantomeno da cartellone visto che per il secondo anno di fila ha aperto le danze della serata nel mai facile compito di scaldare il pubblico la comica torinese Giulia Cerruti, parte della formidabile scuderia del Torino Comedy Lounge, con il suo monologo su donne, banchieri e muratori.
Yoko, fresca trentenne, è riuscita nell’intento di far piegare dalle risate il pubblico accorso ai Giardini anche questa serata, tra auto-ironia sulle sue origini peculiari e il suo vissuto prima di trovare nel far ridere la gente la propria vocazione, mettendo in scena oltre alla sua tagliente ironia anche un talento teatrale notevole tra imitazioni dialettiche e un linguaggio del corpo ammaliatore. Che siano gli insegnamenti del padre con spiccata prossemica giapponese e le peripezie tra i 20 e i 30 anni in modo da permettersi le sedute dallo psicologo, “Pizza sul Gelato” non ha deluso. E prima di esibirsi e scoprire i tajarin con la salsiccia di Bra, la comica ci ha gentilmente concesso un’intervista, per parlare un po’ di se e della crescita della stand up comedy in Italia, al sicuro dalle zanzare accorse ai Giardini della Rocca grazie a “rinfrescanti”, come ha detto lei, spruzzate di Autan. Ed è stata proprio un piacevole chiacchierata.

Artico, Bra , la stand up in provincia. È da dove arrivi. Cosa ne pensi della stand up fuori dalle grandi città?
Yoko: È sempre molto curioso vedere la differenza tra città e periferia. È dove sono cresciuta, mi dichiaro bresciana ma arrivo da appena fuori. Qua ad Artico c’è un contesto molto carino, se fai la stand up in piazza in modo pensato bene e appositamente dedicato. Cambia poco dove performare. Conta organizzare in modo tale che ci sia il raccoglimento giusto per la stand up.
Sei anche la prima comica da cartellone ad Artico Festival. Come vedi il movimento della stand up al femminile, è in crescita?
Yoko: Vedo grandi miglioramenti per noi comiche. Siamo sempre di più che ci facciamo largo tra i maschietti. Certo, siamo sempre meno, basta vedere gli open mic, dove su 6 comici che si esibiscono di solito si arriva a 2 ragazze. È molto raro che ci sia 50-50. Però ad ogni open mic conosco sempre più persone, come all’ultimo che ho fatto con Comedy Central al Lokomotiv di Bologna. Uscire da Padova, che è dove bazzico di più nelle esibizioni, e vedere sempre più ragazze cimentarsi e conoscersi fa molto piacere. Per esempio stasera sono molto contenta di conoscere Giulia Cerruti.

Giochi molto sulla tua storia personale e le tue origini e questo ti rende unica. Pensi si esaurisca lo stereotipo asiatico e quindi il tuo materiale?
Yoko: Avevo il timore di essere vista come una macchietta. Mi faccio mille paranoie in proposito. Non voglio che il pubblico si aspetti solo battute sulle mio origini o il coming out. Non c’è solo questo. Nei pezzi nuovi provo a non menzionare mio padre o altre cose già cavalcate. Che ne so, voglio parlare del fatto che una preghiera è cambiata? Lo faccio, senza metterci mio padre, poi ovviamente la mia parte giapponese mi impedisce di bestemmiare e lì mantengo il mio essere che mi ha portato fin qui. Quindi no, non sono preoccupata dal procurarmi nuovo materiale.
In generale come vedi la crescita della stand up in Italia? A me sembra il nuovo padel ogni tanto, quasi una moda, una cosa a cui si stanno avvicinando molti senza conoscerla davvero, sia come pubblico che nel cimentarsi a farla.
Yoko: Il movimento sta esplodendo. Quando ho cominciato nel 2018 le realtà erano pochissime. Prendo la scena veneta, la mia: a Padova non c’era nulla, qualcosa a Venezia, ma se volevi farla c’erano Milano e Roma. Oggi invece si sta evolvendo tanto e crea molta curiosità in positivo. Forse è anche una moda, come dici nel tuo paragone con il padel. Ma è bello che non c’è più solo il concerto o il cinema, che la gente voglia andare a vedere i comici. Lo vogliono fare tutti? Si, ma non mi spaventa ed è bello, perché non è facile. Ti faccio questa metafora: è come iscriversi ad un corso di giapponese perché si è in fissa con la cultura, che può anche essere solo aver guardato Dragon Ball. Poi scopri che ci sono 400 caratteri da imparare e si molla perché è difficile. Buttarsi nella stand up è uguale, sembra facile se la vedi, ti devi buttare e impegnarti con tanta determinazione. Devi avere un senso dell’umorismo, certo. Ma non puoi fermarti allo stesso pezzo di 4 minuti. Per questo invito chiunque a provarci, e vediamo chi rimane.

Che poi non è solo essere volgari, ma trovare gli argomenti.
Yoko: Vero, qualcuno pensa che la stand up sia solo sesso, battute volgari, cose scabrose o black humor. Ma non ci sono regole, si può parlare di quello che si vuole, dalla visita dal dentista alla fede in Dio, politica o attualità. Pensa all’observational comedy. “Ma li avete visti gli alberi?”. Puoi scrivere un pezzo solo partendo da lì. L’importante è far ridere, puoi parlare di quello che vuoi. Essere solo volgari è una visione miope.
E il tuo futuro? A cosa stai lavorando?
Yoko: Porterò uno spettacolo nuovo intorno a ottobre. Non più “Pizza sul Gelato”, cambiando le tematiche restando me stessa e puntare su riflessioni mie a prescindere da quello che sono.
Verrai a Torino?
Yoko: Non ho ancora pianificato il calendario, ma penso proprio di sì!
Intervista di Alessandro Giura
Foto in copertina di Giovanna Serra