Vieri Cervelli Montel: musica per scavare dentro di sé

Dalle aule della Siena Jazz University ai palchi condivisi con IOSONOUNCANE per il tour di IRA, il giovane Vieri Cervelli Montel (classe 1995) sta mostrando una personalissima e atipica idea di cantautorato attraverso una scrittura ibrida e decostruita.  Dopo aver tradotto in musica in suoi fantasmi e averli processati attraverso sintetizzatori e batterie nel denso e intenso disco d’esordio “I”, si appresta ad iniziare il suo tour in giro per l’Italia. Il 24 giugno arriverà a Bra per Artico Festival.  

Lo avevamo scoperto con una versione aliena e destrutturata di “Almeno tu nell’universo” di Mia Martini che a questo punto rappresenta(va) una dichiarazione di intenti per il suo battesimo discografico: a maggio di quest’anno è uscito  “I” [Primo] per l’etichetta fondata da IOSONOUNCANE, Tanca Record, nata come costola di Trovarobato.

Il disco è un flusso incessante di tappeti sonori sui quali si adagiano liriche ad alto tasso emotivo e raffinati innesti di pianoforte e batterie elettroniche. La sensazione è quella di percorrere un lungo viaggio tra placide vallate e al contempo sentieri tortuosi: un approccio votato alla stratificazione che, con caotica coerenza, sfocia in una musica torrenziale e totalizzante, in costante gioco di luci e ombre, pieni e vuoti.

Abbiamo provato ad addentrarci, in punta di piedi, tra volti e risvolti di questo disco, parlandone direttamente con il suo autore, alla vigilia del concerto piemontese ad Artico Festival. Intervista a cura di Francesco La Greca. 

Ti va di provare a descrivermi il processo creativo che ha portato alla composizione del disco così personale, denso e stratificato?

Il disco è nato da una mia personale ricerca iniziata, direi, forse sette anni fa in cui mi sono messo
sulle tracce del ricordo di mio padre che è morto quando ero piccolo. Ho iniziato incontrando dei suoi amici di infanzia per farmi raccontare cose di lui che non avrei potuto sapere e contemporaneamente studiavo musica per entrare al Siena Jazz (mi sono laureato proprio questo venerdì!). Mi sono reso conto che scrivevo musica e parole che orbitavano tutte attorno alla sfera dei ricordi di infanzia e di mio padre, il momento della sua morte e la mia crescita senza di lui.
C’è stata una lunga fase in cui ero convinto che i pezzi li avrei realizzati completamente da solo, poi a Siena ho fatto incontri meravigliosi e ho coinvolto dei compagni di viaggio con cui ho fatto lunghe improvvisazioni sul materiale dei brani rimescolandolo, talvolta distruggendolo e mettendolo in discussione.
Infine, c’è stata questa bellissima collaborazione con Jacopo che ha fatto da coproduttore assieme a me e Alessandro Mazzieri che è uno dei ragazzi con cui suono: lui suona il basso e il contrabbasso poi ci sono Nicholas Remondino alla batteria preparata e Luca Sguera al pianoforte e sintetizzatori. La collaborazione con Jacopo consisteva in una supervisione del progetto ed è stata più che altro un costante e lungo confronto durato anni sulla poetica e sulle
parole.

Come è avvenuto l’incontro con Incani? Qual è stata la scintilla iniziale della vostra collaborazione?

Sono stato un ascoltatore di Jacopo sin dalla prima ora, da “La Macarena su Roma” che è un disco che
adoravo e che mi ha toccato profondamente. Quando mi sono reso conto di avere in mano dei brani
molto intimi (non li avevo fatti sentire a nessuno se non a pochissimi amici stretti) ho deciso di
mandarglieli. Il nostro rapporto è nato nel momento in cui gli ho mandato i brani. Da lì è nata una
corrispondenza epistolare in cui ci siamo scritti regolarmente per mesi, forse per due anni finché
scambiandoci parole e musica mi ha proposto di produrre il disco. Poi è iniziata la collaborazione vera e
propria che si è concretizzata in due settimane in studio di registrazione assieme ai musicisti e poi tutto il
lungo processo di post-produzione.

Cosa puoi dirci a riguardo della Tanca Records di cui tu rappresenti un po’ il “cavallo di troia”?

Mi piace questa immagine. Tanca è un progetto ambizioso che secondo me è necessario in questo
momento. Trovo che ci sia in Italia una voragine nel campo della canzone e della musica leggera, ci
sono pochi artisti che per indole amano rischiare e Jacopo è uno di questi: lui si propone di dare una
casa a chi si pone in maniera trasversale nei confronti dei generi e degli ambienti musicali, è un progetto
bellissimo necessario e politicamente importante, sono orgoglioso di farne parte.

Hai già anticipato come i tuoi testi derivino dalle forti esperienze personali che porti dentro sin da
bambino. C’è qualche altro artista dal quale ti senti influenzato durante la ricerca delle parole?

Ti direi  sicuramente Alessandro Fiori. E poi De André anche se alla fine mi discosto molto dalla sua estetica.
Questi artisti per me sono come dei santini da tenere sulla mensola.

E dal punto di vista letterario hai qualche fascinazione che ti aiuta nella scrittura?

Forse la mia lettura preferita è la raccolta di racconti “Finzioni” di Borges, adoro l’uso che fa della lingua e Il
modo in cui si attorciglia su sé stessa come se fosse una pianta rampicante anche se poi mi rendo conto
di essere attratto soprattutto da letteratura molto più “arida” nel lessico e nella sintassi. Leggo molti autori
sardi, per esempio Sergio Atzeni. Mi sento legato anche alla letteratura per ragazzi come Collodi e
Gianni Rodari. Di questi ultimi apprezzo la scioltezza e la precisione chirurgica che adoperano
nell’esprimersi.

L’anno scorso hai deciso di presentarti al grande pubblico attraverso una cover di “Almeno tu
nell’universo” di Mia Martini. Puoi spiegarci questa scelta?

La scelta è stata in realtà di Jacopo ed è arrivata come un fulmine a ciel sereno durante una riunione in
cui pianificavamo l’uscita del disco. In quella riunione mi è stato proposto di seguire una dozzina di date
del tour di IOSONOUNCANE però non volevamo far uscire nulla prima del tour. Avendomi sentito una
volta che la suonavo, un po’ per scherzo mi ha proposto di crearne una versione alla mia maniera. Nel
ritorno a casa da Bologna a Firenze ho ascoltato tutte le possibili versioni della canzone e poi da queste
versioni non ci ho ricavato nulla perché ho fatto una cosa completamente diversa: mi sono messo a
scrivere una partitura per organo. È nata quindi da una proposta provocatoria di Jacopo che però, come è successo
spesso anche nella produzione del disco, si è rivelato lungimirante. Ci ha visto molto lontano e mi ha
spronato a fare cose che non ero sicuro sarei stato in grado di fare.

Il 24 giugno ti esibirai all’Artico Festival di Bra assieme a Emma Nolde e Giovanni Truppi cosa dobbiamo
aspettarci? 

Mi piacerebbe che il pubblico non sia affatto “pronto” in realtà. Però posso dirti che suoneremo il disco in una formazione speciale mai vista dal vivo che mi emoziona molto. Non vedo l’ora di suonare all’Artico che ha una line up che mi piace molto: mi sento molto fortunato.

Un disco intimo, coraggioso e a tratti lacerante (nonché, a nostro parere, uno dei migliori dischi italiani usciti negli ultimi mesi), che non vediamo l’ora di ascoltare live sul prato di Bra: clicca QUI per tutte le info su Artico Festival. 

Clicca qui per ascoltare il disco completo di Vieri Cervelli Montel