Gli Zen Circus live alle OGR e il rock’n’roll nell’ultima casa accogliente

Questa volta, alle OGR, gli Zen Circus tornano a Torino con l’obiettivo di risvegliare i propri fan dal torpore. Occorre rinfrescare la memoria di chi non ricorda più cosa vuol dire fare un concerto rock in piedi, sudando, ballando, pogando, perciò il 7 aprile 2022 la musica di Andrea Appino e soci si trasforma nella loro ormai proverbiale “ultima casa accogliente”, quella in cui mettiamo piede quando abbiamo bisogno di sentirci vivi davvero.

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_di Umberto Scaramozzino

Il capoluogo piemontese aveva un conto in sospeso con gli Zen. L’ultimo passaggio della band pisana risale all’estate 2021, quando si esibirono al Flowers Festival, nel cortile delle Lavanderie a Vapore di Collegno, davanti ad un pubblico obbligato a stare seduto al proprio posto numerato. La sfiga volle che un diluvio quasi biblico si abbattesse su tutta la città metropolitana di Torino, costringendo lo show a una scaletta ridotta, con una versione acustica di “L’Anima Non Conta” arrivata prematuramente a chiudere la serata dopo appena un’ora. Emozionante il fuori programma, bellissimo cantare sotto la pioggia, mentre la band si squarcia la gola unplugged. Un momento indelebile, per carità. Ma chi ci restituisce l’altra ora di concerto mancata?

Ci pensano le OGR, che senza restrizioni accolgono la folla delle grandi occasioni. Anche se ormai il calendario italiano ha già archiviato diversi nuovi inizi, per ancora molto tempo bisognerà mettere in conto che a ogni live una buona dose di platea sarà presente per la prima volta dopo due anni. Non fa eccezione questa serata e lo sanno bene i rocker toscani, che pur essendo tutt’altro che istituzionali, ci tengono a dare un briciolo di solennità all’avvio, con ringraziamenti vari e una breve ma calorosa retorica del ritorno che di questi tempi fa bene un po’ a tutti.

Tuttavia – e per fortuna – non c’è da aspettarsi lo show confezionato ad arte, quello in cui ogni momento è dosato e studiato per replicare una formula perfetta. Tutt’altro: il regalo degli Zen ai loro ritrovati compagni di viaggio è un affascinante miscuglio alchemico dove tutto è concesso, persino suonare una versio di “L’amore è una dittatura” da lacrime – memorabile brano che li vide approdare sul palco dell’Ariston a Sanremo – e farla seguire da una dissacrante “Ragazzo eroe”.

“Questa scaletta l’abbiamo preparata davvero a caso”, dice Massimiliano “Ufo” Schiavelli, non tanto per mettere le mani avanti, ma per sottolineare quanto il caos sia voluto e necessario. Lo dice esplicitamente anche Appino, quando sbaglia l’attacco di un brano: “siamo tornati, con tutte le nostre imperfezioni”. Il risultato è liberatorio, soprattutto per chi per due anni ha dovuto accontentarsi della perfetta musica registrata in studio, ascoltando ogni verso e sperando che una qualche allucinazione uditiva potesse per un momento illudere di non trovarsi ancora ingabbiati in un surrogato di vita.

L’anima punk rock degli Zen vive più che mai nel loro atteggiamento, mentre il melting pot di rock, folk e cantautorato indie permette loro, dopo vent’anni di carriera, di avere un repertorio adatto a rappresentare ogni sentimento o stato emotivo. C’è chi va al concerto degli Zen per ricordare, per piangere, per emozionarsi. C’è chi ci va per sfogarsi, per sputare veleno, magari urlando un sacrosanto “Andate tutti affanculo”. E poi, ancora, c’è chi ci va solo per ridere, divertirsi e sentirsi parte di un grande rito collettivo. Per questo non manca praticamente nessuna pietra miliare: “Non Voglio Ballare”, “Ilenia”, “Nati Per Subire”, “L’Anima Non Conta”, “Viva”. Rispondono tutti all’appello, nel quale si inserisce anche la chicca “Mexican Requiem”, reminiscenza di quando, con il nome “The Zen”, pubblicavano l’esordio “About Thieves, Farmers, Tramps and Policemen” e l’idea di cantare in italiano era ancora lontana.

I brani de “L’Ultima Casa Accogliente” si inseriscono magistralmente all’interno della scaletta, senza sfigurare al fianco dei pezzi estratti dai pilastri “La Terza Guerra Mondiale” e “Il Fuoco In Una Stanza”. “Appesi Alla Luna” si conferma un singolo perfetto, mentre “Non” entra di diritto nei capitoli più riusciti e potenti della serata e probabilmente di tutta la discografia.

Questa volta le ore di durata sono due, senza pioggia, senza sedie e il desiderio di scagliarle lontano. Piuttosto, con la consapevolezza che l’anima conta eccome, e non esiste modo migliore di nutrirla se non con un appuntamento dal vivo con uno degli ultimi veri gruppi rock italiani rimasti.