Una “Autobiografia epistolare” tra Alessandro Bonsanti e Carlo Emilio Gadda

Più di 300 lettere raccolte in questo prezioso e sfizioso volume edito da Olschki, curato da Roberta Colbertaldo ed inserito nella collana ‘Studi’ del Gabinetto Vieusseux) raccontano il laborìo letterario, il rapporto col pubblico e non ultima l’amicizia tra Alessandro Bonsanti e Carlo Emilio Gadda. Qualcosa di più di un semplice carteggio: una atipica quando significativa autobiografia epistolare. 

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_di Alessio Moitre

Gadda sbuca. Lo fa di continuo. A disfida della contemporaneità che si trova a pareggiare. Il tempo ora se ne infischia della sua “floridezza pesante e un po’ affaticata”, che elargiva in vita. La critica e il pubblico hanno ormai annotato questa svettante anomalia letteraria. Ed i suoi testi circolano fluidi, rimanendo ancora commentati (e persino recensiti). Si passa alle lettere dunque. Succosa è questa pubblicazione per merito della Olschki, e curata da Roberta Colbertaldo, titolo (che non spiegherò seppur meraviglioso, affar vostro scoprirne il senso): “Sono il pero e la zucca di me stesso”, carteggio 1930 – 1970 tra Alessandro Bonsanti e il nostro.

Casca per i duecento anni del Gabinetto Vieusseux (1820 – 2020) e mi pare un’accoppiata salutare. Cosa potremmo cavarne da uno scambio di lettere, noi lettori, è soggettivo ma tanto impicciante da diventare uno stimolo al chiacchiericcio. Il periodo proposto copre il “prima del” ed il successo. Mondando  informazioni matematiche, editoriali di servizio, superficialità abitudinarie e inciampi di vita (vi allego anche le condizione di salute dello scrittore, sempre tendenti al mortifero, in generale pessime) si apprezza il legaccio che permetteva ai due intellettuali di sentirsi vincolati. Non per lavoro, nonostante le ruvidezze necessarie accompagnate da riavvicinamenti sentiti, o altri sentimentalismi ma per un vicendevole riconoscimento d’intenti. Il breve scritto di Sandra Bonsanti, figlia dell’editore e scrittore, avvalora il pensiero che mi ha accompagnato nella lettura e che ho abbracciato solo al termine, lasciandomi da parte le introduzioni al testo come un dolce caldo.

Una combutta, tra due compagni che se le raccontavano e se le dicevano. Avviatori di riviste, progetti letterari, libri, convegni, incontri, ideazioni possibili e comunque strutturabili.

Non doveva sempre esser facile aver a che fare con Gadda, ma è straordinaria la delicatezza che generava per i suoi affetti. In mente la lettera del 12 gennaio 1963, indirizzata a Marcella, moglie di Alessandro, dove passione ed angosce si avviticchiano. Cosa nota, resa ancor meglio dal carteggio, che l’agguato della popolarità stordì profondamene la riservatezza dello scrittore.

Dopo il “Pasticciaccio” le preoccupazioni mondane presero coloriture decise e le controversie vennero a cangiare sul personale. Ammetto, che seppur nodale per i tempi, la controversia contro i prosatori dialettali (a cui il “gran lombardo” sentiva di appartenere), o in odore di terminologia provinciale, della fine degli anni cinquanta (ma proseguì scodinzolante anche nel decennio successivo), assume gradevolezza se esaminata in data odierna. La lettera di Gadda del 9 novembre 1959, contiene tali spunti da poter esser estrapolata per intero, analizzata sino all’ilarità.

La “cachettica monolingua del cavolo” e la successiva definizione di “monolinguatici” si attaglia magistralmente ad una condizione di scrittura irriguardosa dell’italiano che ci ha irretiti da qualche tempo. Ma è un’altra questione. Nelle trecentocinquantasei lettere della pubblicazione Bonsanti – Gadda ripassano le linee della letteratura nostrana. Nomi vengono citati, riferimenti a “conati d’amici” sono riportati e puntualizzazioni sono avanzate nelle note e nelle immagini. Davvero un bel lavoro editoriale. Ed una copertina intima con un de Pisis degli anni trenta mostrante un interno casa che  avresti voluto frequentare. Persin  quel colore ti pare gaddiano.