[INTERVISTA] Colombre: qualcosa di prezioso che cresce lentamente

In questi giorni, seppure divisi dalle note vicende, in redazione abbiamo ascoltato un sacco di volte “Corallo”, il nuovo disco di Colombre. E, ascolto dopo ascolto, la curiosità di saperne di più dalla viva voce dell’autore è aumentata in maniera esponenziale. Ecco perché, finalmente, siamo riusciti a combinare questo, graditissimo, tête-à-tête virtuale. 

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La prima cosa che balza agli occhi, e anche un po’ al cuore, di questo tuo “Corallo” è il fatto che, diversamente da molti tuoi colleghi, ti sei preso tutto il tempo di questo mondo per realizzare il secondo disco: è stato difficile resistere alla tentazione di sfruttare la forza propulsiva di “Pulviscolo” del 2017 e di uscire subito con un seguito?

Un po’ sì, però credo ci voglia del tempo per interiorizzare al meglio le cose che andrai a dire in un album.  Una volta che un disco è uscito non ritorna più indietro. Non è come farsi una nuotata. Mi sono preso il tempo che ho ritenuto giusto per me, fino a quando mi sono detto: ok queste canzoni sono buone e hanno dignità per essere incise.

Rimaniamo un attimo sempre in questo ambito tematico: “Corallo” (accidenti che bel titolo!) pare proprio una specie di dichiarazione programmatica sulle cose affascinanti che però, per poter essere tali, debbono avere, giustappunto, tempo per crescere? Era questo che volevi trasmettere dando quel nome lì al tuo nuovo disco?

Proprio così, hai colto il punto. Le canzoni, come i rapporti di cui parlo nei testi, sono nate e si sono evolute gradualmente, anche in modo costante, ma senza fretta.  Il corallo rappresenta qualcosa di nascosto e prezioso che cresce lentamente.

Le atmosfere sono sempre molto anni Settanta, da “Anima Latina” ma non solo: in questi anni hai ascoltato molto di quel periodo storico e musicale italiana? E se sì quali artisti o album principalmente?

Se devo dirti la verità, non tanto…li ho ascoltati in passato, certo, ma non per questo disco ecco. Ascolto soprattutto musica straniera, che magari prende spunto da quegli anni ma la reinventa con personalità e suoni più attuali.  Ora mi manderai al diavolo… ma “Anima Latina” lo comprai anni fa e non son mai riuscito a sentirlo per intero.

Foto di Guido Gazzilli

In “Non ti prendo la mano” per esempio l’attacco è quantomai lisergico e vagamente psichedelico: come è nata questa canzone, qual è stato lo spunto, anche compositivo di questa traccia? 

Mi ha fatto molto dannare…avevo la strofa chiarissima, ma il ritornello non apriva come avrei voluto.  Ho provato a cambiare la tonalità più volte, pensando fosse la chiave giusta ma mi sbagliavo. Avevo scritto un intro con pianoforte che mi piaceva molto, un tema su accordi diversi che entravano benissimo sulla strofa ma alla fine ho dovuto sacrificarlo, perciò ho preso gli accordi del finale e ci ho costruito il giro una sera insieme a Fausto (suona con me) che era venuto a trovarmi. Nel delirio del momento avevamo l’amplificatore a stecca con il Pog octaver di mio fratello, che lo aveva dimenticato nel mio studiolo, con una chitarra finto Stratocaster della Cort passiva, quelle che vanno a pile…ecco, quando meno te l’aspetti esce questo giro e riesco a registrarlo alla buona…è stato un momento pazzo ed esaltante. Ovviamente mi sono rifiutato di ri-registrare quelle chitarre in studio e ho tenuto quelle. Certe cose hanno una magia che non ti riviene più.

Questo periodo storico così difficile porterà certamente a rielaborare una strategia (se non l’ha già fatto) anche soltanto per provare i nuovi pezzi: dal conto tuo che soluzioni stai trovando/hai trovato?

Non so nemmeno cosa risponderti sulla parola strategia…so solamente che non potevo fermarmi. Far slittare il disco più avanti alla ricerca del momento perfetto per l’uscita non aveva senso perché il fiume continua a scorrere sempre e comunque. Certo mi son fatto molti scrupoli data la situazione, ma ho pensato che la musica può essere molto preziosa in questi momenti. Prima della pandemia stavo provando i pezzi con i ragazzi della nuova band che ho messo su e stavano venendo da paura… ora siamo in cinque e spero di poter suonare presto queste canzoni dal vivo…per ora le prove son ferme.

Da Colombre a “Le mille e una notte”: oltre a Dino Buzzati la raccolta di novelle orientali è, per caso, una delle tue letture preferite?

Ne ho lette alcune in passato, mi piace più immaginarle.

In questi anni ti abbiamo visto in molteplici vesti: prima come produttore di “Deluderti” di Maria Antonietta quindi chitarrista di Calcutta nel tour dei palazzetti e degli stadi. Anni intensi ci pare no?

Si sono stati tre anni pieni…prima il tour di “Pulviscolo”, poi il disco “Deluderti” di Maria Antonietta che ho prodotto e arrangiato con lei, infine, nell’ultimo anno, il tour con Calcutta… insomma di cose da fare ce ne sono state…

Foto di Guido Gazzilli

Se potessi dividere il palco con un artista, anche passato, particolarmente importante per te, chi sarebbe?

Aspetto il futuro per dirtelo.