[INTERVISTA] Gabriele Troisi oltre l’X-Factor

Abbiamo raggiunto Gabriele Troisi, cantautore che dopo l’esperienza televisiva nell’ultima edizione di X-Factor,  ha un sacco di nuovi progetti in ballo. 

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_di Mattia Nesto

Iniziamo la nostra intervista cercando di “inquadrarti” e come artista e come persona: a che età hai preso consapevolezza che la musica sarebbe stata “una parte importante della tua vita”?

Credo più o meno intorno ai 17 anni, quando preparavo l’esame di ottavo anno di pianoforte in conservatorio. Era un esame per il quale la mole di studio richiesta iniziava ad essere notevole rispetto al passato ma nonostante questo mi resi conto che trascorrere tante ore di studio sullo strumento non mi procurava noia o dispiacere per cui fu proprio in quel periodo che probabilmente realizzai che, in effetti, volevo che la musica fosse parte integrante della mia vita.

Il tuo primo palco importante?

Penso che fin quando non ne avrò uno di quelli davvero importanti, cioè di quelli che ti cambiano la vita, posso dire che tutti siano stati importanti.

E invece “come ci sei finito a X-Factor”?

Mi son detto che non avevo nulla da perdere. Andare in tv mi spaventava ma mi sono convinto facendo le cose per inerzia, come mi capita spesso.

Ci potresti dare un bilancio, a conti fatti, di questa esperienza?

Ora ci sono alcune persone sparse per l’Italia che aspettano le canzoni di Gabriele Troisi e questo mi sembra già tantissimo.

Lo scorso 15 novembre è invece uscito il tuo singolo, “Monelli’s”: ci potresti dare qualche informazione in più?

Beh è un brano molto personale, scritto iniziando a parlare di me per poi diventare una specie di canzone d’amore.
Parla un po’ del fatto che odio lasciare le cose indietro e doverle dimenticare per poter andare avanti.
Cioè sia le cose che le persone.

A X-Factor hai portato una cover di “Rose viola” di Ghemon, molto apprezzata dai giudici: come mai hai scelto proprio questo pezzo in particolare?

Perché la melodia del pezzo si muove in un modo che mi è congeniale e che rappresenta un po’ anche quello che vorrei fare io quando canto e scrivo in italiano, quindi mi sembrava l’ideale come cover di presentazione.

Ghemon, e più in generale “la nuova musica italiana”, quanto ha influenzato la produzione del tuo singolo?

Guarda, posso dirti che in quel periodo ascoltavo tantissimo “Only in the West” di Yeek e in studio parlavamo di Motown. A parte questo, non abbiamo parlato tanto di riferimenti precisi e sarebbe difficile decodificarli anche perché ogni persona che ha lavorato al brano ci ha messo dentro qualcosa di suo. La difficoltà è stata fare di tutto questo una sintesi coerente, ma siamo contenti del risultato.

Tra dieci anni dove ti vedi?

Non lo so ma felice.

Foto di Dario Terraglia (colori) e Giulia Rosco (bianco e nero)