[INTERVISTA] Bonsai: un terreno fertile di condivisione, “nonostante tutto”

All’ombra di Bonsai si coltiva buona musica italiana. La crew torinese organizza concerti underground con uno spirito molto “90’s” e grande cura per i dettagli. Gli ultimi appuntamenti hanno visto avvicendarsi sul palco i Cara Calma e Nicolò Carnesi. Il prossimo appuntamento vedrà protagonista Wrongonyou, il 30 novembre allo sPAZIO211. 

Abbiamo intervistato Bob Caronte, fondatore – insieme a Marcello Giangualano – di Bonsai, per approfondire prerogative ed obiettivi del progetto. Intervista a cura di Lorenzo Giannetti.

Come ha passato l’estate e in generale questi ultimi mesi di lavoro la crew di Bonsai? C’è qualche realtà/festival che avete apprezzato/sentito particolarmente affine e che vi sentite di consigliarci ?

Un’estate tranquilla e riflessiva. Lo scorso anno per diverse vicissitudini abbiamo iniziato a lavorare alla programmazione artistica di Bonsai in corso d’opera senza fermarci un attimo, cercando di proporre artisti che rappresentassero in pieno il nostro modo di intendere e fare musica, era necessario così dopo una lunga rincorsa, riposare e staccare da tutto. Sono nate in questi ultimi mesi diverse idee e collaborazioni che proveremo sin da subito a lanciare in modo da far crescere l’intero progetto, che in soli 9 mesi di “vita” ha regalato già tante soddisfazioni ed è stato ben accolto nel circuito musicale torinese. Riguardo i festival sicuramente non può mancare il torinese Todays che anche quest’anno ha dimostrato coraggio e propensione a proporre ottima musica senza badare troppo alle tendenze e chiudendo al meglio 5 anni di una rassegna strepitosa che ha permesso ad artisti del calibro dei Mogway e Pj Harvey di esibirsi a due passi da casa (la nostra). Una realtà che ci piace citare è il Disorder Festival che ogni anno ad Eboli propone progetti interessanti con un bel mix di generi e sonorità, lo troviamo affine a ciò che ci piace e lo consigliamo vivamente!

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Cosa potete dirci della stagione in corso, iniziata coi live di Cara Calma e Carnesi? Come avete sviluppato il concept e quali sono le eventuali novità in ballo?

Come già annunciato il nome della rassegna è “MA TU RIDI NEL CAOS”, ispirandoci ad un estratto del brano Derek dei Verdena. Tutto ciò è in primis un omaggio alla band che quest’anno compie 20 anni esatti dall’uscita di Valvonauta che ci riporta ad un immaginario sonoro e visivo a cui siamo molto legati: la fine degli anni ’90 e lo spirito grunge “liceale”. Ma in particolare volevamo porre l’attenzione al momento di profonda crisi e confusione che sta vivendo in generale la musica in Italia ed in modo più profondo la musica live. Ridere è un palliativo per non perdere in alcun modo determinazione e passione nel continuare questo percorso, fuori dalle logiche del mercato e dinamiche prettamente di business che a noi poco interessano ma che inevitabilmente dobbiamo affrontare. La musica prima di tutto, come un piccolo bonsai che non si piega e che nonostante tutto si comporta da albero vero e puro. #nonostantetuttoalberi
Una delle novità di quest’anno è l’ingresso ufficiale nella nostra crew di Roberto Gentili, illustratore e grafico in passato di progetti come Verdena o Brunori Sas. Le sue illustrazioni ci accompagneranno in questo lungo viaggio tra numerosi live itineranti in città e tanti progetti in cantiere. Inoltre siamo felici di poter collaborare con Color Fest, importante festival di musica in Calabria, che il 14 Dicembre arriverà in città per la preview del festival grazie all’atteso live dei Massimo Volume a sPAZIO211. E poi vi consigliamo di seguirci sui nostri canali social nei prossimi giorni sveleremo altre nuove importanti date.

Un ricordo “top” della stagione scorsa che vi va di condividere con noi?

Ci vengono in mente alcune immagini, come Davide Shorty aggrappato alle americane nella saletta di sPAZIO211 durante il live con i Funk Shui Project, il compleanno di Ilaria dei Gomma festeggiato con tanto di invasione da parte del pubblico sul palco per alcuni brani insieme, la partita a basket pre-soundcheck con i Be Forest e Cosmetic o l’esibizione suggestiva di NAIP ad Astoria dove per un attimo ci è sembrato di stare in equilibrio perfetto tra Berlino e Camden Town.

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Domanda potenzialmente spinosa: com’è lavorare su Torino ?

Crediamo che la scena musicale torinese stia passando un momento delicato, senza dire alcuna eresia è palesemente sotto gli occhi di tutti questo momento di “stallo”, una sorta di mare calmo prima della tempesta ci auguriamo. Willie Peyote e pochi altri sono casi abbastanza isolati se pensiamo al gran numero di progetti che girano in città che però a differenza di altre scene nazionali fanno un enorme fatica ad uscire con tour sensati fuori dalle mura di Torino permettendo loro di farsi conoscere in tutto il mercato. Motivazione? Probabilmente molteplici, come la poca originalità di tanti progetti, la mancanza di diverse agenzie di booking presenti nel territorio a differenza di altre aree in Italia e senza offendere nessuno anche la poca voglia di sacrificio e gavetta che ritrovo in alcune situazioni prettamente sabaude. Nulla è perduto, che sia chiaro. Esistono ad esempio realtà come gli Est-Egò (pochi giorni fa live per la prima stagionale di Bonsai) che ci rassicurano e che sono la dimostrazione che il talento e il lavoro costante prima o poi ripaga. Qualcuno direbbe tempo al tempo.
In egual modo – di riflesso – anche tutto ciò che riguarda l’organizzazione degli eventi subisce le dinamiche di un movimento musicale cittadino anestetizzato. E’ veramente difficile proporre una programmazione artistica di qualità e sostenibile per i locali e le organizzazioni. Manca la curiosità di poter assistere un concerto per così dire al buio, manca un pubblico informato e interessato che non sia pilotato dalle proposte di playlist Spotify o dell’effetto massa che si riversa ciclicamente su determinati artisti. Ricordo quando anni fa ci si affidava realmente a riviste musicali e recensioni per andare alla scoperta di “nuova” musica, altri tempi. Ora è tutto fittizio, tutto al limite del reale, le fake views, i fake followers, lo studio spasmodico di un hype che quasi mai rispecchia le qualità artistiche dell’artista. Siamo di fronte ad un mercato sovraffollato, in cui è presente una lotta alla sopravvivenza, e dove tanti progetti più o meno validi navigano sugli stessi palchi, con le stesse idee, con le stesse agenzie ed etichette dietro. E allora?!

Ecco, voi cosa fareste/fate, concretamente?

Sarebbe opportuno fare selezione, ma fare selezione richiede tempo, energie, ascolti e sensibilità, parecchio stancante per molti e allora si lascia perdere tanto se quel determinato artista è “bravo” lo scoprirò dagli eventuali manifesti in città e andrò ad ascoltarlo al palazzetto di turno, anche se conosco solo un brano e non mi piace neanche molto, anche se ci vado solo perché ai miei amici piace, anche se non è proprio il mio genere ma tanto non conosco esattamente che tipo di musica c’è stasera in città, anche se non ho impiegato mai il mio tempo a capire tutto ciò e allora va bene così.

Inevitabilmente le piccole realtà chiudono, le agenzie di booking sovrastimano i progetti, gli artisti diventano fenomeni social e poco attrattivi invece in presenze durante i live e a catena le organizzazioni fanno fatica a rendere il tutto sostenibile e gratificante.  Il progetto Bonsai è nato con l’intento di sopperire a proprio modo a tutto questo, di essere terreno fertile di condivisone, cultura e scoperta senza barriere e costrutti, non essendo contaminati da logiche che fuoriescono dai binari dell’arte e della musica. Noi ci proviamo, nonostante tutto.

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