Ortigia Sound System 2019: “Ed è bellissimo perdersi in quest’incantesimo”

“Es un sentimiento nuevo che mi tiene alta la vita”: come accaduto l’anno scorso per Club To Club Festival a Torino, un’altra eccellenza italiana legata alla musica elettronica omaggia il Maestro Battiato utilizzando un suo verso come “slogan” e leitmotiv della propria filosofia. A ridosso delle Alpi, si citava la “luce al buio”, mentre in terra sicula si evoca quel sentimento nuovo che è uno slancio dionisiaco d’amore.

Quest’anno OSS alza il tiro, confermandosi tra i migliori “boutique festival” nostrani. Perfettamente incastonato in quel gioiello meridionale che è Ortigia, il festival si dirama ormai lungo 7 location: il minimo comune denominatore è un’elettronica di respiro internazionale, che va a lambire i confini del pop d’avanguardia. A dominare l’occhio sono quindi le tonalità pastello che si riflettono sulle onde del mare, mentre ad accarezzar l’orecchio ci pensa una colonna sonora all’insegna ora d’uno spleen mediterraneo ora d’una euforia esotica.

Se i boat party al tramonto sono ormai diventati un evento di culto, una sorta di “hit istantanea” per chiunque abbia avuto modo di goderne la magia, bisogna dire che è altrettanto suggestivo aggirarsi tra le vie del mercato locale con la soundtrack costruita ad hoc dalla crew di Seoul Community Radio. E non che il colpo d’occhio del mainstage al Castello di Maniace non meriti una cartolina da incorniciare.

Ma al di là di uno scenario certamente vincente poiché inequivocabilmente straordinario, OSS mette in fila una serie di performance da antologia: Colapesce in apertura è perfetto nella parte del local guitar hero, mentre un mix di curiosità e stupore accompagna l’ottima esibizione dei Kokoko con le loro percussioni assemblate con materiale di recupero.

Ross from Friends va giù come una granita alle mandorle, ma altrettanto incisive risultano le performance dei talento nostrani da esportazione Stump Valley e Venerus.

Tra gli act più attesi Alan Palomo dei Neon Indian tira fuori dal cilindro un set magico, con l’ausilio dell’intramontabile Moog. Il “padrino spirituale” di questa edizione, sua Maestà Giovanni Giorgio altrimenti detto Moroder, fa quello che gli riesce meglio: Moroder. Le sue hit planetarie, leggermente “dopate” dalla cassa dritte, fanno scatenare l’intera isola, per quanto possa esser lecito storcere un po’ il naso di fronte all’effetto “karaoke”.

Nel battesimo siciliano della Boiler Room si ritagliano il premio di migliori in campo i Jerusalem in My Heart, con le loro suggestioni mediorentali in grado di creare un ponte suggestivo e spiazzante tra l’isola e il sound dall’altro lato del Mediterraneo.

A fine festival, travolti dal turbine di colori e sapori di un festival che vien da definire “sinestetico”, trionfa effettivamente quel trasporto d’amore e passione suggerito da Franco Battiato, che va a (con)fondersi con un paesaggio totalizzante, come un abbraccio.  Un matrimonio che ci piace rinnovare anche nelle parole del talentuoso Venerus, quando in “Love Anthem N.1” dice:  “Cuore e cielo benedirono i due amanti”. Amen. Ci vediamo il prossimo anno Ortigia.

By Claudio Lastella