Pubblicato per Alter Ego Edizioni, per la collana “Specchi”, si tratta del terzo romanzo di formazione dell’autore pugliese.
Come praticamente tutte le uscite nell’orbita della collana “Specchi”, l’ultimo romanzo edito da Alter Ego si lega in qualche modo al tema dell’introspezione e della psicologia in senso più ampio. Del resto, già la scelta del nome “Specchi”, rievoca il concetti di presa di coscienza di sé e del proprio doppio, percorso di analisi e critica. In questo caso, la riflessione diventa – in un certo senso – sia collettiva che spirituale. Da un lato infatti “Il sentiero dei figli orfani” è legato a filo doppio alla terra che racconta, ovvero la Lucania. Dall’altro però è un romanzo nel quale affiora – in maniera delicata e verrebbe da dire “laica” – il tema della religione e, meglio, della spiritualità.
Partiamo dall’ambientazione, ovviamente tutt’altro che location neutra. Le frugali terre petrose della Lucania sono lo scenario perfetto per i dilemmi esistenziali del giovane protagonista del racconto: Savino. Il ritmo placido delle stradine del paesino di San Fele (3000 anime nella provincia di Potenza) scandisce le giornate del ragazzo, allievo di un seminario ecclesiastico. Fatto, quest’ultimo, non così scontato dal momento che la vicenda è ambientata in un’estate degli Anni Novanta, ovvero nell’arco di una generazione meno avvezza al percorso di Fede rispetto anche solo a quella dei proprio nonni.
A conti fatti, Savino stesso non andrà oltre alla “benedizione” di un padre spirituale, per dedicarsi a “passioni terrene”. Amore e amicizia si rincorrono in un susseguirsi di emozioni, particolarmente brillante nelle pagine dedicate a Radu detto l’anguilla, vivace migliore amico del nostro Savino.
Ma altrettanto interessante è l’affresco del paesaggio e del contesto. Capurso non si limita a raccontarci un quadro fatto di pietre e sole, ma ci racconta in modo vezzoso le usanze e le tradizioni di quelle terre, evocando quel folklore italiano che tanto incuriosisce anche i lettori esteri. Ma non mancano affatto i momenti bui, come l’elaborazione del lutto, in questo caso la morte dell’amata nonna, che era solita leggere la Bibbia al giovane Savino. E ovviamente, lo spleen della provincia: bucolica sì, eppure anche claustrofobica a tratti. Una terra che sa abbraccia re ma anche lasciare cicatrici, come quella che segna il volto del ragazzo in copertina, deliziosamente illustrata: di fronte ad un orizzonte sconfinata, ma senza occhi, senza la possibilità di intravedere un futuro. Navigare a vista sul sentiero, forse, vuol dire crescere.
L’autore classe ’78 e originario di Molfetta, amalgama con sapienza e pazienza il suo background da giornalista e l’appeal da romanziere, per un terzo titolo che lascia intravedere ulteriori interessanti evoluzioni per il futuro.