[INTERVISTA] Al crocevia tra post-rock e r’n’b coi Anna Ox

Tra le band più interessanti dell’ultima edizione del Pending Lips Festival, gli Anna Ox da Vigevano si sono segnalati per le loro sonorità molto particolari, sicuramente di matrice post-rock ma anche associate ad inedite aperture di elettronica dal grande fascino. Ecco perché noi di OUTsiders Webzine li abbiamo menzionati come destinatari di una menzione d’onore e di un premio speciale: perché ci abbiamo sentito qualcosa di estremamente interessante anche se non sappiamo bene cosa. Per questo motivo, li abbiamo raggiunti in sala prove per capire meglio la situazione.

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_di Mattia Nesto

Post-rock mischiato con l’elettronica sembrano le coordinate entro cui si muove “Back Air Falcon Dive”, il vostro primo album: vi rivedete in questo oppure ci sono altre influenze, magari più nascoste, in questo vostro esordio?

Quando ci chiedono che genere facciamo, rispondiamo proprio così; altre volte con post-rock e R&B. Sappiamo di non aver inventato niente di nuovo, ma comunque trovare una categoria musicale ben definita ci risulta complicato. Le nostre influenze arrivano indubbiamente da quel genere, per me (Gio) soprattutto. Questo si tratta del nostro esordio come Anna Ox, ma in realtà io (Chitarra), Ale (Chitarra) e Guido (Basso) suoniamo insieme da una decina di anni ormai. Abbiamo costruito il nostro suono insieme nel tempo. Ritengo apprezzabile questa pasta sonora, almeno per quanto riguarda questi strumenti a corda, anche negli album precedenti con gli Elk, arrivando ad un buon consolidamento con gli Anna Ox.

A proposito di influenze: ma quali sono state i vostri ascolti “rituali” dell’adolescenza?

Ci siamo conosciuti poco dopo l’età adolescenziale, per cui molti dei dischi che ci siamo poi scambiati avevano già una direzione molto più personale. Comunque ho appena chiesto e sono venuti fuori Nirvana, Nofx, Melvins, Nine Inch Nails.

In una vostra recente intervista avete dichiarato che il pezzo “Jean Valjean”, non è dedicato all’immortale figura ideata da Victor Hugo ma…ad un gatto?! Ma è così anche per gli altri pezzi, cioè ci sono dei retroscena curiosi sulla scelta dei titoli?

In realtà Alessandro ha deciso di chiamare così il suo gatto. Un giorno si presenta in sala prove con il riff iniziale di Jean Valjean dicendo di avere già il nome del pezzo. Credo sia una dedica al gatto o forse più semplicemente al vero personaggio. Il suo gatto Jean devo dire stia avendo ormai una certa popolarità grazie al disco, ne pubblicheremo una foto. Di solito succede che si parte da un riff, ci si suona sopra e appena si ha un minimo di arrangiamento da parte di tutti, si registra col telefono. Questo per poterci riascoltare, capire cosa funziona, ma soprattutto per non dimenticare quanto fatto. A quel punto bisogna salvare il file con un nome per poterlo identificare e capita che si spari a caso un nome, che può c’entrare con qualcosa successo o visto in quel periodo, che poi per abitudine sonora ci portiamo avanti fino alla registrazione del disco. Poche volte succede che quel nome cambi in altro, al massimo viene fatto bello: Jungle è diventato JJungle. Altre volte rimane il nome del riff che uno di noi aveva già registrato a casa e salvato con un nome scelto con lo stesso metodo appena detto.

Jean Valjean

 

Vi abbiamo raggiunto anche perché vi abbiamo indicato come una delle band più interessanti dell’ultima edizione del Pending Lips Festival: come è andata?

Ci fa molto piacere. È stato molto utile, soprattutto. Era la prima volta che suonavamo dal vivo con questo disco e ci è servita per testarci. Abbiamo un processo del suono che parte dagli strumenti, passa per una scheda audio che ne parametra alcuni aspetti, e finisce finalmente nell’amplificatore. È la prima volta che proviamo a portare in giro un progetto tecnicamente così complesso e questo ci spaventava un po’. Ringraziamo Simone Castello per la possibilità, ma soprattutto per il consiglio dato guardandoci proprio in quell’occasione: mettere al centro del palco il bassista, gli altri membri attorno a lui con colore di maglia diverso da lui ma uguale tra loro, aggiungendo un gioco di luci. In effetti poi abbiamo fatto proprio così e possiamo dire che ci aveva visto bene.

Venite da Vigevano e quindi non possiamo non farvi la più classica delle domande: com’è suonare la vostra musica in provincia?

Siamo dei provincialotti. Da noi si suona in coope da sempre ed è sempre bello. A noi piace suonare la nostra musica e lo facciamo a prescindere da quel che sarà. Ti posso dire che ci sta, alla fine ci si conosce tutti tra musicisti e band.

Tra dieci anni su che palco vi piacerebbe suonare?

Credo che il nostro genere abbia un tiraggio limitato per cui palchi grandi potrebbero essere solo quelli dei festival. Bello sognare. Come detto ci piace suonare e quindi suonare nei club come stiamo facendo e vedere gente che apprezza la nostra musica e decide di spendere dei soldi per un nostro disco o una nostra maglia per noi è già tantissimo. Da musicista ti potrei dire ogni bel palco, ma ti menzionerò solo quello in cui il nostro amico Adam Vida, il cui cantato si trova su Fucsite, ha già suonato: Coachella. Magari proprio con lui.