Il Sangue di Francesco di Massimo Santilli: un “itinerario francescano” dalle reliquie alle opere d’arte

Il volume firmato da Massimo Santilli è un libro-inchiesta dai risvolti sociologici, che riesce nell’impresa di restare in bilico tra scienza e credenza, rigore investigativo e “fattore umano”. 

Pubblicato dall’Archivio Tradizioni Subequane, Il Sangue di Francesco è un’opera difficile da collocare in un’unica sezione della nostra libreria mentale e fisica. Il titolo è programmatico, sebbene possa far pensare ad un thriller-horror à la Donato Carrisi, tanto in voga negli ultimi anni. Il sangue invece è quello delle stimmate e il Francesco in questione non è un Francesco qualsiasi, poiché viene da Assisi. L’argomento di trattazione, dunque, è assai noto, ma allo stesso tempo ancora avvolto da una nube di domande, dubbi e pregiudizi. Francesco D’Assisi non ha certo bisogno di presentazioni particolari: del resto stiamo parlando nientemeno che del Santo Patrono di Italia, addirittura definito “il santo dei santi”. Le stimmate (o “stigmate”), ovvero le piaghe insanguinate su mani, piedi e costato che fanno riferimento al martirio della Passione di Cristo, sono più notoriamente associate a personaggi come Padre Pio, anche se in questo senso risulta essere particolarmente emblematico anche il caso di San Gennaro a Napoli (con le relativa processione al Duomo partenopeo).

Cosa ci dice di più su questa questione il libro di Santilli? Parecchio. Quanto meno nel modo di approcciarsi all’analisi della materia, l’autore è abile nel procedere al crocevia tra scienza e credenza: forse il modo migliore per sviscerare davvero le radici e i prodromi di un fenomeno, a maggior ragione se legato ad una sfera tanto complessa da decifrare come quella del “folklore“.

Oltre a descrivere minuziosamente le reliquie in sé, Santili ci riporta fedelmente le reazioni della folla durante le processioni, facendoci rivivere quel clima di solennità e al contempo di euforia tipico delle manifestazioni religiose nostrane.

Quello di Massimo Santilli, dunque, si configura come una sorta di libro di analisi e inchiesta, ma non solo. Si tratta anche di un vero e proprio “affresco”: partendo dalla (ricerca della) reliquia forse più importante della Storia nazional-popolare, l’autore inizia anche un viaggio nei “luoghi francescani”: meraviglie disseminate non solo in Toscana, come si è portati troppo spesso a pensare, ma buona parte del Mezzogiorno. Inutile direi che questo itinerario è costellato di opere d’arte dal valore inestimabile, che servono a contestualizzare la storia-narrazione francescana, certo, ma raccontano anche molto del nostro Paese in toto.

Santilli padroneggia con disinvoltura la materia, sfoggiando anche un piacevole approccio “multidisciplinare”, che c’è da scommetterci gli sarà stato utile nel suo percorso di ricerca lavorativa-professionale tutto legato ai Beni Culturali. E in Italia c’è molto da imparare in questo senso.

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