Dagli “artwork indie” per Verdena e Brunori SAS al lavoro sul packaging di Amarelli, fino alla recente collaborazione con il collettivo dischirotti (qui tutte le info sul prossimo appuntamento a Torino) e molto altro ancora. Andiamo alla scoperta dell’universo narrativo dell’illustratore cosentino Roberto Gentili, in bilico tra rigore geometrico e visioni oniriche.
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_di Lorenzo Giannetti
Ricordo di un panel al Gomma Fest, qualche tempo fa, incentrato su questa domanda: “Come si diventa illustratori oggi?”. Bene, riprendendo quello spunto ti chiedo da un lato come ti sei avvicinato al mondo dell’illustrazione, dall’altro come risponderesti ala medesima domanda adesso.
Disegno da quando ero bimbo, ricordo che avevo mille ossessioni per la testa (anche molto strane). MI ricordo che quando andavo all’asilo dalle suore, cercavo sempre di farle innervosire (anche non facendolo apposta), disegnandogli scarabocchi sulle pareti della classe. Col passare del tempo la mia voglia sfrenata del disegno si è tramutata in una vera e propria esigenza mentale, che mi portava anche ad aprirmi alle altre persone. Sul finire della scuola superiore ho iniziato ad intraprendere il percorso da grafico. Ho frequentato una scuola di grafica e design a Napoli e da lì ho iniziato tirocini in varie agenzie di comunicazione. Ho iniziato a frequentare concerti e festival musicali per conoscere gente e inserirmi in quell’ambiente e cercare di ampliare il più possibile la mia attività lavorativa. Ho incominciato a toccare vari ambienti, dal disegnare le locandine di concerti nei centri sociali, delle dancehall, delle feste drum’n’bass e di magazine indipendenti. Insomma, cercavo di rimanere sempre sul pezzo dando il massimo. Al Gomma Fest ho detto “Si diventa illustratori studiando e lavorando duro” e non credo il mio pensiero sia cambiato molto da quel panel. In realtà forse oggi essere illustratori è una cosa diversa, più semplice.
Esiste un meccanismo per il quale un giorno prendi una matita, fai un disegno mediocre e lo posti sui social; se ti va bene prendi i likes, magari qualche cuore, forse il musicista che hai citato ti ri-posta nelle storie e una delle sue mille groupies ti invita a cena. Ecco, questo non è il mio modo di vivere l’illustrazione, ma esiste e bisogna conviverci. Credo che la base fondamentale per intraprendere questa strada sia mantenere i rapporti umani con le persone perché solo in questo modo può attuarsi uno scambio di idee e trovare le motivazioni per fare sempre meglio. Lavorare con passione aiuta sicuramente questo processo di crescita. Bisogna anche tenere in considerazione i pareri negativi, perché sono quelli i giudizi che vi faranno crescere. Non ascoltate troppo i complimenti che non sono sinceri. Stare sul filo del rasoio aiuta a spingersi sempre oltre le proprie capacità.
Entrando più nel pratico: nel tuo lavoro come bilanci (o come “fai dialogare”) componente manuale e componente digitale?
Ogni illustratore ha un modo personale di approcciarsi al lavoro. Personalmente parto sempre da uno schizzo su carta, poi scannerizzo e metto in digitale. Dipende molto dal progetto che vai ad affrontare. Anche se, ti dico la verità, un po’ mi sono annoiato di seguire i rituali standard creativi (matita su carta, scanner, e digitale) mi piace un po’ uscire fuori dagli schemi, creandomi un mio metodo personale e mixare le due componenti. Ultimamente sto sperimentando molto soprattutto nella fase progettuale.
Mi piace mettermi in gioco utilizzando nuovi materiali e intervenendo sulle illustrazioni in maniera strettamente fisica. Sto cercando di riscoprire e reinventare tecniche che mi permettono di arrivare ad un risultato “diverso”, come ad esempio utilizzare le mie stesse mani come pennello per scarabocchiare sulla carta e successivamente passarle in digitale. Il risultato è sempre un’illustrazione digitale che lascia però un’impressione analogica forte. Il risultato migliora man mano che si prova, perciò continuo a inseguire questa strada.
In questo settore vedi grandi/particolari differenze tra Italia ed estero?
Grandissime differenze no, diciamo che si notano di più dal punto di vista clientelare, anche perché penso che gli illustratori italiani (sembro un po’ Salvini e me ne dispiaccio, scusa) siano molto bravi e di sicuro non hanno nulla da invidiare rispetto ad altri illustratori europei. Sicuramente, all’estero ti pagano di più e più in fretta, ma dipende anche dai paesi con cui ti interfacci. C’è più rispetto anche verso la figura del grafico, l’artista o l’illustratore, quindi questo ti dà più motivazione nel fare il tuo lavoro in maniera serena e tranquilla.
Anche dal punto di vista delle commissioni, soprattutto in ambito musicale e di magazine, sono un bel po’ più inquadrati. A volte può essere un bene, ma altre volte è alquanto limitante. Ad esempio dopo la decima volta che disegni una cover di un vinile o illustri una pagina di un magazine, se non trovi una scusa per essere un po’ ironico è finta. Sei tu che devi trovare la giusta motivazione per ogni tipo di lavoro, aldilà del cliente che hai difronte e di quanto ti pagano. Ogni lavoro va affrontato con la giusta attitudine, altrimenti diventa un lavoro noioso come tutti gli altri.
A proposito di “ambiente”: nel tuo percorso – professionale e di vita, immagino – hai frequentato molto sia i concerti che le fiere d’arte. Che somiglianze e differenze noti tra le due “scene”? Pensi che l’una possa imparare qualcosa dall’altra e viceversa?
Fin da piccolo sono stato educato ad ascoltare musica. Nella mia adolescenza ho provato anche l’esperienza di musicista (sfigato) suonando il basso in un gruppo emocore, ma poi il tutto è andato a farsi benedire. Sono sempre stato attirato da questi ambienti, dai garage, dalle sale prove, dai club, e questo mi ha spinto a lavorare in questo ambito. Anche perché la cosa veramente divertente è che in un discorso generale sull’arte, tutti gli artisti basano il proprio operato sulla necessità di esprimersi e comunicare un messaggio che viene dall’interno; così ognuno usa il mezzo più congeniale al proprio essere, il musicista usa il suono, il poeta la parola, il sarto i tessuti e l’illustratore la matita.
Il termine artista è una parola pesante se ci pensi, è un’etichetta che ti lascia addosso la responsabilità di suscitare emozioni e questo è sicuramente il compito più difficile. Concludo, per non divagare troppo, dicendo che se ragionassimo da subito sul termine “artista”, si capisce che chiunque voglia perseguire la strada dell’arte non solo è influenzato da tutte le sue sfaccettature ma in un certo senso è costretto a farsi influenzare. Poco tempo fa leggevo in un angolo remoto del web un articolo sulle scienze cognitive, dove si parlava del fatto che come esseri umani non possiamo creare nulla di nuovo ma solo proiettare un “collage” di cose e messaggi che già conosciamo. Per questo per essere artista c’è veramente la necessità di conoscere il più possibile il mondo che ti circonda e di conseguenza anche influenzare e farsi influenzare da mondi affini al tuo, ma non strettamente legati.
Dal momento che ti sei occupato spesso di illustrazione “per la musica”, non posso non chiederti le tue 3 copertine preferite di tutti i tempi. Più un bonus con un artwork recente, datato 2018/2019.
Cavolo solo tre copertine? Vabbè ci provo, spero di non cadere nel solito cliché ma ti dico:
Joy Division – Unknown Pleasures;
The Doors – Strange Days;
Mars Volta – Frances The Mute.
Artwork recente ti dico: Capibara – Omnia (tutta la vita)
Mi è piaciuto molto il tuo lavoro per le scatolette Amarelli: sono un grande stimatore del packaging alimentare (pur prendendomi male per l’abuso di plastica). Come è nata quella esperienza e soprattutto in quali altri ambiti di piacerebbe portare i tuoi lavori di illustrazione?
Il progetto di Amarelli è stato molto particolare, sia a livello di metodo che di esperienza. È uno dei miei pochissimo progetti che si allontana dalla mia “attitudine ” e anche per questo è stato stimolante. Tutto è partito da un contest indetto dall’azienda Amarelli, il quale spiegava la necessita di vestire le latte in un modo totalmente diverso da come erano finora senza andare a stravolgere la loro identità. Abituato a disegnare copertine di dischi, poster e comunicazione per eventi, posso dirti che l’approccio non è stato facile. Da lì ho capito che l’essere versatile e capace di adeguarti a qualsiasi tipo di committenza, ti dà la consapevolezza di essere completo e di poter gestire qualsiasi situazione. Proprio questa è la mia mission, identità e stile personale applicabile in tutte le committenze. Che poi parliamoci chiaro: puoi essere etichettato per un genere e stile ma in fin dei conti è pur sempre un lavoro che ti deve dare la possibilità di campare. Il “genio” sta proprio nella capacità di fare cose belle ed originali in contesti dove “estro creativo” non è richiesto.
Momento aneddoto: la cosa più “bizzarra” che ti è capitata nel tuo lavoro, con un cliente o un altro artista o con chiunque. La intendo sia in senso positivo che negativo: qualcosa che non dimenticherai, diciamo.
Vabbè questa è la mia domanda preferita. Per fortuna mi sono capitati solo aneddoti positivi (quelli negativi solo nella vita privata). Era il periodo in cui studiavo a Napoli quindi molte volte prendevo un regionale “scrauso” per tornare giu. In uno di questi viaggi infernali, conobbi una persona che in qualche modo mi ha aperto a questo ambiente. Lui era Stefano Cuzzocrea, giornalisti molto apprezzato nell’ambiente musicale (2BePOP, Rolling Stone, Basement, Rumore, Max sono delle testimonianze). Lo vidi in questo treno, mi avvicinai a lui e gli dissi “Ciao, sono Roberto piacere! Seguo i tuoi eventi musicali, ho visto che collabori con le riviste musicali, ma sai che io studio grafica e mi piace tanto la musica? Lui rispose “Ciao pupetto, vagamente so chi sei, dall’aria mi sembri un monello ma certo! Mandami le tue cose cosi vediamo cosa si può fare… anzi ti dirò di più, tu mi sarai di grande aiuto per la mia fanzine 2BePOP”. Da lì incominciai a lavorare con lui e ad organizzare le miei prime art gallery che, inizialmente erano legate al marchio 2BePOP. Ricordo con piacere e occhi lucidi una delle ultime frasi che mi disse prima della sua scomparsa “Pupo a te ci penso io non preoccuparti, sei talentuoso e ricordati “Vittorie romantiche e sconfitte reali” tu meriti perché hai un grande cuore ma sei anche un bel monello…”.
Il classicone dei progetti futuri: su cosa stai lavorando e dove potremo vedere delle tue opere?
Allora ti dico che in questo periodo sono preso bene, ho mille idee in testa ed ho ripreso a non dormire la notte per disegnare cose nuove. Sto lavorando ad un mio progetto personale, una sorta di nuova serie illustrata che ancora è in fase embrionale: insomma cerchiamo di stare attivi. Dal lato “Rob grafico” sono alle prese con un po’ di progetti: collaboro con diversi magazine, una di queste è Dude mag; in più sono alle prese con i progetti dei ragazzi dischirotti. con il quale si è creato un magico rapporto di amicizia; sto ultimando delle copertine di dischi per delle etichette indipendenti e abbozzando una grafica per un evento molto figo in città che ancora non posso svelare, in più – tanto per non rimanere nella monotonia – mi sono messo a fare radio con i cari amici di Radio Cantina.
Clicca qui per visitare il sito di Roberto Gentili
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Segnate in agenda il prossimo appuntamento con dischirotti, appuntamento serale itinerante che unisce musica, arte ed eccellenze locali in ambito beverage. A Torino, il ritrovo per è per l’11 marzo al Jazz Club. Di seguito le info, in aggiornamento.
“Anche se di origine farmaceutica questo amaro non è un medicinale specifico, con relative limitazioni, bensì un ottimo liquore, gradito e benefico a tutti. Esso è ottenuto da 34 piante ed erbe selezionate, provenienti perlopiù dal territorio circostante, riconosciute per le loro proprietà toniche.”
Di cosa stiamo parlando? Ovviamente dell’amaro sabaudo per eccellenza: il San Simone.
Continua il format live del collettivo dischirotti. torna a Torino per iniziare la settimana in pieno relax.
Dischirotti., Band Management e Jazz Club Torino presentano:
¬ dischirotti.live Torino
Un lunedì al mese Jazz Club diventa il luogo dove rilassarsi, ascoltare il meglio della musica emergente italiana e conoscere i progetti delle nuove leve del settore creativo torinese e non, proposti e supportati dal collettivo dischirotti.
h. 21.00 – Opening
h. 21.30 – Parola d’artista (TBA)
h.22.00 – (TBA) Live show
🎟️ Ingresso libero
Partners in crime: Feline Wood
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Prenota il tuo tavolo per il DINNER IN JAZZ (cena & spettacolo live) compilando il form sul sito www.jazzclub.torino.it o lasciando un messaggio in segreteria allo 011/882939
¬ Sei un artista, un grafico o un cantautore e ti interessa il format dischirotti.live?
Manda il tuo progetto a live@dischirotti.com