Le baruffe chiozzotte tornano a casa

Dopo una tournée di successo che le ha viste protagoniste in diversi palcoscenici in Italia e all’estero, (fino a Mosca!) Le Baruffe chiozzotte del Goldoni, per la regia di Paolo Valerio, ritornano nella loro terra, anzi, nelle loro acque, quelle della laguna dove l’anno scorso hanno debuttato e trionfato. Torna per Carnevale l’unica commedia dove baruffare è un piacere, dal 28 febbraio al 3 marzo al Teatro Goldoni di Venezia.

di Valentina Matilde De Carlo

Tra poco andranno di nuovo in scena Le Baruffe che amiamo di più: quelle chiozzotte del Goldoni, che per la festa più irriverente dell’anno, dal 28 febbraio al 3 marzo, saranno nell’omonimo Teatro Goldoni di Venezia. Nel novembre dello scorso anno la tournée in casa,  tra le città Venete, dove Le Baruffe Chiozzotte, prodotte dal Teatro Stabile del Veneto e dirette da Paolo Valerio, ci hanno strappato risate dal primo all’ultimo istante. Quest’anno hanno girato l’Italia e sono andate oltre, spingendosi fin nella lontana Mosca, dove a dicembre, al teatro Mossoveta, hanno fatto sold-out.  Anche al pubblico moscovita, che ha seguito il testo, totalmente in dialetto chioggiotto, con i sovratitoli in russo, è piaciuta questa messa in scena fresca e dal ritmo incalzante.

Con il bianco delle vele che ondeggiano al vento della laguna e i colori pastello sulle tinte del rosa e del lilla, che avvolgono le donne nei loro larghi e lunghi donzelón, le tipiche gonne simbolo dell’età da marito, siamo subito proiettati in una Chioggia dolce e genuina, fatta di lavoro, di legami forti e di povera gente. In uno strettissimo dialetto chiozzotto fedele al testo, la compagnia del Teatro Stabile del Veneto corre sul filo di un copione dal ritmo perfetto, trascinandoci in una lunga risata che dura per tutto lo spettacolo e facendoci apprezzare le sfumature di una lingua nella lingua, il dialetto. La scelta del regista Paolo Valerio è quella di una rappresentazione semplice e pura, come il testo scritto dall’autore, che elimina il superfluo e restituisce essenzialità alle parole e ai rapporti umani, dove l’elemento centrale è la naturalezza della gente, quella gente tra cui Goldoni cercava la genuinità dei sentimenti.

Nasceva così una commedia popolare diversa dalle altre, in cui l’autore esce dalle case della borghesia veneziana, rappresentata e presa in giro nelle precedenti opere, per scendere in mezzo alla strada, in una piccola calle di Chioggia, tra le reti dei pescatori e i merletti delle donne, in un vivido spaccato di vita degli strati sociali più bassi.

Un affresco realistico e concreto, dove si parla forte, ci si arrabbia tanto e si sta allegri, mentre regna sovrano il linguaggio colorito e frizzante della laguna, nell’ancora più comica sfumatura chiozzotta.

In un’altalena giocosa di zuffe e abbracci, pianti e risate, balli e risse, gli attori si arrabbiano e si divertono per davvero, frantumando la quarta parete e coinvolgendoci nelle loro baruffe, che sono il sale della monotona vita chiozzotta, il pretesto per portare a galla verità nascoste e sono, infine, tratto distintivo di un territorio in cui ci si chiama per soprannome, alterando la realtà, ma allo stesso tempo rendendola più autentica, rispecchiandosi in una soggettività dove ciascuno è unico, ma dove tutti sono socialmente uguali, eccezion fatta per il coadiutore. Eppure anche lui, nonostante il suo rango, scende nelle strade, si toglie la parrucca che lo rende così diverso (“Sti siori da la perucca, co nu altri pescaóri no i ghe stà ben”) e si siede con loro per ricostruire la pace, su quelle tante sedie oggetto principale di questa scenografia volutamente scarna, che assumono di scena in scena un ruolo diverso: le sedie dell’attesa degli uomini in mare, della speranza e del riposo, le sedie come luogo dell’equivoco e come arma per le risse, la sedia dell’ascolto in tribunale, la sedia del lavoro e del tempo che scivola via.

Tutti gli scontri e le baruffe, per quanto amare e dolorose talvolta siano, non spengono la vivacità delle donne chiozzotte, che trascinano i loro uomini verso l‘apertura del cuore, dove sono soliti tenere rinchiuse parole ed emozioni e verso la condivisione di sentimenti che altrimenti rischierebbero di essere messi a tacere dall’orgoglio, coinvolgendoli in un ballo sfrenato che è inno alla vita, alla gioia, all’amore, che è un grande viva le chiozzotte!