Nascere donna è il peggior castigo: non ci appartengono neanche i nostri occhi, scrive Federico Garcia Lorca nel 1936. Dalla sua opera teatrale La casa di Bernarda Alba la compagnia Focus 2 ha ricavato uno spettacolo esagerato, a tratti scivoloso, ma dannatamente necessario.
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_di Elena Fassio e Elisabetta Galasso
Mater, leader del gruppo delle Matreie, alla morte del secondo marito vede concretizzarsi il suo sogno: una micro società autogestita da sole donne, che vivono all’interno del Palazzo Maya. Nella comune rivoluzionaria vivono una quarantina di donne tra cui le tre figlie, Stretta, Sevizia e Utopia; ma la figlia maggiore, Stretta, sta segretamente per abbandonare il palazzo e andare a vivere con il proprietario del bar del quartiere, Peppe Romano.
Mentre organizzano una prima azione pubblica che sancisca la loro importanza sul piano nazionale, le ragazze sono in realtà dominate da ben altri pensieri e intrighi: plagiate da una madre padrona che propone loro un mondo senza uomini come soluzione alle paure e al male di vivere, hanno desideri e ambizioni che non possono più sopire, e il miraggio per cambiare la situazione torna ad essere accalappiare un uomo. Lo stesso uomo.
Come nella tradizionale tragedia greca, un coro grottesco di donne – le vicine – rappresenta la società femminile al di fuori del nucleo descritto, che giudica, confronta e esplora le dinamiche psicologiche dei personaggi mettendone in luce fragilità e meschinità, e narrandone, infine, il drammatico epilogo.
Lo spettacolo vive delle suggestioni dell’opera teatrale “La casa di Bernarda Alba” capolavoro assoluto di Federico García Lorca, scritta nel 1936.
La compagnia teatrale ha fatto proprie e rielaborato molte suggestioni dell’opera letteraria. In primis, l’assoluto potere dispotico della matrona che impone il suo sistema di valori alle figlie, costringendole a vivere in uno spazio circoscritto. L’essenzialità della messa in scena, ridotta al minimo; la relazione di interdipendenza tra le figlie che sfocerà nella sopraffazione e nella manipolazione; il ribaltamento di genere, per cui in una società di sole donne, l’oggetto del desiderio è il maschio. E ancora: l’ossimoro amore-morte tipico della tragedia greca e il fato, anch’esso tipico della tragedia, come giudice solenne e castigatore al quale non si può soccombere.
La compagnia Focus_2 di Eleonora Gusmano e Ania Rizzi Bogdan, è nata dalla volontà di affrontare lo studio della femminilità nel contemporaneo, le dinamiche di potere tra donne e il concetto di eredità, bagaglio imprescindibile in ogni relazione.
Mis(s)fit, La collezione e La durata dell’inverno sono i tre spettacoli precedenti della compagnia in cui la dinamica di potere viene analizzata attraverso differenti linguaggi espressivi, sempre a partire da una relazione; con Apparatus Matri, letteralmente «meccanismo (tendente) alla madre» o «apparato del (capo) Mater», l’intento è mostrare la fissità della nostalgica rivoluzione sessuale degli anni Settanta. La società competitiva e gerarchica basata sull’emancipazione si rivela infatti essere escludente e ottusa, finendo in poco tempo ad allontanare le sue stesse fondatrici.
In modo provocatorio e spesso del tutto surreale, la compagnia analizza il bisogno di essere madri, amanti o mogli ma allo stesso tempo la necessità di compiere scelte libere, a prescindere dai ruoli, la difficoltà di sfuggire a un modello preimposto, e, tra interdipendenze e sopraffazioni, si chiede a chi appartenga lo sguardo di una donna.
Mater, immobile su un trono imponente ispirato all’iconografia tardo medioevale della Madonna della Misericordia, contiene nel suo granitico dogmatismo verticale tutte le altre donne. L’allestimento è altamente simbolico e scevro di orpelli scenici, le attrici si muovono naturalmente in frammenti di palco che rappresentano l’interno o l’esterno della casa, con musiche originali punk-rock, giocando sul ribaltamento di genere, per cui l’oggetto del contendere diventa il maschio, assente, ma evocato.
Lo spettacolo risulta infine colmo di spunti di riflessione. Se all’epoca di Lorca l’opera era stata considerata di “avanguardia” per il tema che aveva affrontato, ossia la messa in atto di un sistema matriarcale, senza mezze misure, vittima di un forte estremismo e quindi destinato a fallire, anche nello spettacolo portato in scena dalla compagnia Focus_2 assistiamo a un preannunciato fallimento della microsocietà composta da sole donne. Ci si rende così conto che forse, la strada giusta da percorrere potrebbe essere quella dell’aurea mediocritas, vivere dunque rispettando il giusto mezzo e ricordandosi oggi più che mai che l’essere donna raccoglie in sé una miriade di sfaccettature, anche in conflitto fra loro, ma che sono la sua forza e le permettono di scegliere. Figlia, madre, sposa, leader, una donna può essere tutto questo e persino di più.