Un romanzo storico avvincente e controverso, pubblicato su Gabriele Capelli Editore: Damiano Leone ci trasporta indietro nel tempo tra le sabbie di una Palestina ancora nella morsa dell’Impero Romano, seguendo le gesta di un eroe atipico e affascinante.
La parabola esistenziale del protagonista Ben Hamir è una vera e propria Odissea nel mondo Classico, dal Medioriente alle legioni di Tiberio e Ponzio Pilato, passando per le poleis greche. La sua vicenda coinvolge mondi e culture lontani, provando ad unire i puntini nel complesso piano cartesiano della Storia. In un certo senso, o per lo meno vi sta da un certa prospettiva, la vicenda potrebbe far pensare alle ormai celebri peripezie di Massimo Meridio, ovvero il Gladiatore scolpito nella memoria collettiva grazie alle pellicola da Oscar di Ridley Scott. Bene inteso: i personaggi sono completamente diversi. Entrambi i personaggi si ritrovano certamente a “lottare” per la propria sopravvivenza: il primo nell’arena sportiva, il secondo in mezzo al filo spinato degli intrighi di palazzo. Ed entrambi si ritrovano a dover affrontare qualcosa che pensavano di essersi lasciati alle spalle.
Se però l’eroe romano inizia una drammatica parabola discendente frutto di un complotto alle sue spalle, il protagonista de “Il Simbolo” si configura invece come il classico esempio di ascesa sociale, nel quale si arriva a compromettersi pur non volendolo, rimanendo invischiati nelle pericolose sabbie mobili del potere.
Ben Hamir però non è soltanto di estrazione sociale bassa. La sua ascesa sociale coincide con la fuga da un mondo di squallore. La madre infatti lo costringe a prostituirsi sin da piccolo: Hamir, crescendo ne farà una vera e propria professione, che da un lato contribuirà ad aprirgli alcune porte, dall’altro lascerà sulla sua anima ferite indelebili. In questo senso il sesso sarà una chiave di lettura e di volta fondamentale nel dispiegarsi della vicenda, oltre che un’arma a doppio taglio. Ma, in camera da letto come altrove, Leone non trascura affatto la ricostruzione storica e spesso anche sociologica, non lesinando in dettagli “forti” così come in riflessioni argute.
Da un lato siamo “rassicurati” dal fatto che, nell’incipit del racconto, siamo “accolti” dal Ben Hamir da vecchio, che inizia a raccontarci la sua Storia; dall’altro i colpi di scena non mancano, nel magma caotico di intrighi che si susseguono tra una regione e l’altra. Il “simbolo” del titolo? Non poteva che essere un anello – come ci suggerisce la copertina del volume – storicamente uno degli oggetti dall’aura quasi sacrale, quasi sempre simbolo di una investitura che può essere salvifica oppure condannare all’oblio. Hamir lo riceverà dall’Imperatore Tiberio, col quale coltiverà un rapporto speciale, fino al complicarsi della matassa. Il Simbolo sarà un lascia-passare o un feticcio inutile?
La tematica dell’amore e della prostituzione omosessuale risulta più “scomoda” al pubblico di oggi che ai contemporanei e questo dovrebbe fare riflettere. Damiano leone è bravo a mescere elementi cari al romanzo storico più ortodosso con trovate più fresche e accattivanti, figlie probabilmente anche delle sempre più innovative e “disinvolte” narrazioni televisive seriali. In tal senso, resta la voglia di capire se di questo romanzo ci saranno dei nuovi episodi…