Il “vecchio pazzo” per la pittura, come amava definirsi, si mostra in otto preziosi libri indimenticabili.
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_di Alessio Moitre
Meno male che esiste il Museo di Arte Orientale: osteggiato da certa politica si prende la sua giornaliera rivincita mostrando ai torinesi che cosa si può ottenere selezionando accorte gemme dal panorama dell’arte orientale. Nella neralba sezione giapponese il progetto artistico “Otto libri del maestro” ad opera di Katsushika Hokusai (1760 – 1849) mostra una ristretta parte dei lavori di uno dei simboli dell’arte mondiale. È nella mia mente una indubbia esposizione “cicu” e la gioia è la medesima della scoperta, tale da far apprezzare ogni singolo scritto lavorato con la caparbietà e la precisione che si riconoscevano al pittore e incisore di Edo.
Acculturarsi sulla sua produzione è senza dubbio istruttivo, ancor di più per la libertà con cui seppe vivere e creare (financo cambiando nome), cercare incessantemente la forma di arte che gli fosse più congeniale. Sperimentando in leggerezza e con quella punta di sarcasmo di chi conosce l’inafferrabilità dell’estetica. Una levità nelle forme che possiede il tratto affascinato dell’amatore oltre che del creativo. Nelle bacheche il visitatore troverà volumi della produzione matura, una raccolta di poesie cinesi del 1833 e una libera interpretazione della vita del Buddha storico Shakyamuni del 1845. Utili se non indispensabili, almeno per gli artisti, le parole del nostro, tra cui alcuni passi che riporto in purezza e che potrebbero introdurre alla visione:
«Sin dall’età di sei anni ho amato copiare la forma delle cose, e dai cinquant’anni pubblico spesso disegni, ma fino a quel che ho raffigurato a settant’anni non c’è nulla degno di considerazione. A settantatré ho un po’ intuito l’essenza della struttura di animali e uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso recondito e a cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Se posso esprimere un desiderio, prego quelli tra lor signori che godranno di lunga vita di controllare se quanto sostengo si rivelerà infondato. Dichiarato da Manji il vecchio pazzo per la pittura.»
Tratto da “Cento vedute del Monte Fuji”. La mostra terminerà il 21 ottobre.