[REPORT] Le dieci cose che abbiamo amato di Apolide Festival 2018

È passata quasi una settimana dalla fine di Apolide Festival: giusto il tempo di finire le lavatrici, asciugare definitivamente la tenda e riprenderci dal carico di birrette e good vibes. A mente fresca siamo quindi pronti a stilare una report delle dieci cose che ci sono particolarmente piaciute di questa quindicesima edizione della Woodstock piemontese.


_di Diego Indovino

Mio caro Apolide, gli anni passano (quindici), si cambia nome, spazi, riferimenti artistici, si diventa più grandi e più maturi. Ma la tua caratteristica più bella rimane la tua genuinità, il tuo non piegarti alle mode di un istante. Così assolvi alla tua principale missione: unire le persone. Ecco 10 motivi per cui è valsa davvero la pena #prendereferie. 

10. Il cibo

La qualità dell’offerta gastronomica in Apolide è cosa nota. La difficoltà sta nel ripetersi anno dopo anno. Anche la quindicesima edizione non ha deluso e tra pizze cotte nel forno a legna, hummus, centrifugati e pasta fresca, viene davvero voglia di coccolarsi (davvero raro per un festival di musica).

9. Lo spirito

Vedere un ragazzo riportare al Lost & Found un iPhone appena ritrovato per terra. Anche questo è lo spirito del pubblico di Apolide.

8. La programmazione a misura di famiglia

“Adatto ai bambini” non significa avere uno spazio in cui rinchiudere i pargoli mentre i genitori possono sbracare, ma pensare dei contenuti dedicati a quel pubblico, attività, spettacoli e giochi. Su questo tema Apolide ha dimostrato di poter insegnare a molti Festival italiani.

7. L’amour 

Anche quest’anno si è limonato parecchio. Il “bosco illuminato”, del resto, era uno scenario da favola!

6. Ascoltare musica h24

Abbiamo scoperto che al risveglio mattutino un Dj set di Alessandro Gambo è meglio di una carezza in volto.

5. Constatare che i live act nostrani spaccano ancora

I live di Indianizer e Bruno Bellissimo sono stati i più entusiasmanti dell’edizione e siamo felici che la prima band sia totalmente composta da locals.

4. Illuminarci d’immenso 

Ci sono piaciuti, e molto, i 400.000 ansi lumen dell’installazione luminosa che ha animato il bosco di Apolide (vedi punto 7) con i suoi ologrammi rendendolo per quattro giorni un luogo magico.

3. L’inclusività

Abbiamo potuto constatare il più ampio range d’età del pubblico mai visto ad un festival di musica. Dal bimbo in fasce all’anziano: tutti insieme sotto lo stesso cielo.

2. Il Main act

Il super show di Samuel accompagnato da una “magic band” (a cui a sorpresa si è unito Mudimbi) composta dagli amici e colleghi di una vita, passando attraverso l’epoca degli Amici di Roland, Motel Connection e Subsonica.

1. Inarrestabile 

Lo spirito del Festival (tutto) si è dimostrato incrollabile durante il nubifragio monsonico di venerdì sera. Avrebbe piegato anche il Capitano Achab. In questa occasione invece, Apolide ha dimostrato di che pasta è fatto, superando la tempesta e portando la nave a destinazione.
All photo by Gabriele Ferrari