“193 hours in Maretto”: la residenza d’artista di Adam Winner con la Privateview Gallery

193 ore di lavoro che hanno portato l’artista americano Adam Winner, classe 1979, all’esposizione attualmente visibile presso la Privateview Gallery, tra concettuale, minimale e materico.

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_di Miriam Corona

Quando gli è stato chiesto dove preferisse svolgere la residenza artistica (modalità non sconosciuta alla Privateview, bensì già pilotata con successo in passato), se in città o fuori, Adam Winner, artista nato a Bridgeport, la città più popolata del Connecticut, e formatosi a New York, ha scelto la cornice bucolica di Maretto, piccolo paese dell’astigiano nel quale ha trascorso cinque settimane.

Da amante dei monocromi, mi sono sentita beffata; ma con un risultato quasi più sorprendente. Perché se a uno sguardo disinvolto molti dei lavori sembrano caratterizzati da uno o al massimo due colori, più attentamente emergono i molteplici aspetti della loro realizzazione.

Si può percorrere il lavoro di Adam attraverso due strade principali: quella personale-psicologica e quella concettuale-pura.

Sono disseminati infatti degli “autoritratti”, abilmente camuffati nell’armonia dell’esposizione, realizzati sulle proprie misure corporee (altezza, viso), utilizzate come metro di ciò che lo circonda; il risultato sono delle “sculture a parete”, che fungono quasi da “contenitori” della percezione personale dell’artista.

A caratterizzare la maggior parte dei lavori, blu intensi scurissimi, accompagnati quasi costantemente dal bianco puro, che celano l’uso iniziale dei colori primari che tuttavia esistono e lo dimostrano tra le fessure e ai lati delle tele; non è un nasconderli sotto un processo di stratificazione, è premiarli poiché possano emergere, in una convivenza disequilibrata che però funziona. Sono lì a testimonianza di una realizzazione protratta nel tempo, studiata, non lasciata al caso.

Il fil rouge della mostra è proprio questo: ogni lavoro propone una ricerca. Non si fruiscono solo frontalmente, ci si avvicina, ci si gira intorno, si assiste quasi ad illusioni ottiche. Le sovrapposizioni che Adam applica alle tele di lino, a volte in modo più discreto, altre più palese, conferiscono una tridimensionalità inevitabile, come la presenza di “ali”, ottenuto ripiegando gli angoli della tela su se stessa, che formano quasi delle nicchie da scoprire.

Materiale principe è il gesso, che si adatta agli scopi prefissati dall’artista su tele grezze, sfilacciate, frutto non casuale del suo lavoro, alternato all’acrilico bianco che permette di essere modellato fino ad ottenere il risultato finale. I tasselli, quadrati o rettangolari, si contrappongono armoniosamente alle forme sinuose, quasi ad S, del bianco avvolgente, come in un abbraccio materico.

Il lavoro di Adam è riconducibile, pur non essendovi personalmente legato, alle esperienze di avanguardia europea del ‘900, ma difficilmente trova una collocazione di appartenenza (dettaglio di pregio) avendo sviluppato una ricerca del tutto personale, iniziata a migliaia di chilometri di distanza; ci riesce perché ci mette dentro (in alcuni casi letteralmente) se stesso.

Privateview Gallery, Via Goito 16 – 20 giugno – 28 luglio