Tra le “Vite Fragili” di Elisabetta Sabato

Edito da Il Poggio, il romanzo di Elisabetta Sabato è un affresco esistenziale che mette in luce le piccole-grandi fragilità del quotidiano, con una attenzione particolare alla psicologia femminile.

Sono tante e anche molto diverse tra loro le vite che va a raccontare Elisabetta Sabato. La scrittrice di orini pugliesi entra in punta di piedi nelle parabole esistenziali dei propri personaggi, tuttavia senza paura di sporcarsi le mani laddove la vita diventa più aspra. Si parte accostandosi alla figura di Alice, sorta di Mrs Dalloway immersa nel prorio travaglio interiore, tra nuvole e sereno, tempeste e squarci di luce. Attorno a lei, una galleria di personaggi che per l’intensità con quale vengono raccontati potrebbe effettivamente ricordare il romanzo ispirato dalla Woolf intitolato “Le ore“, anche per il focus sui personaggi femminili.  Progressivamente ci si allontana sempre di più dalla vita di Alice e i suoi dintorni, allargando il cerchio: la cornice si allarga, lo spleen diventa in qualche modo universale.

Elisabetta Sabato prova a guardare oltre il velo (e il peso) dell’esistenza, dietro le maschere che indossiamo per sentirci meglio (o peggio), al di là delle scuse che porgiamo agli altri (o a noi stessi). La scrittura dell’autrice di Putignano è chiara ma vibrante, con un guizzo poetico che suggerisce la sua produzione in versi (consigliamo in particolare la raccolta di poesie “Un Viaggio lungo un respiro”, edita da Akkuaria).

Nel mare magnum della vita i problemi materiali si affiancano a quelli spirituali, anzi spesso si completano e compenetrano. La Sabato prova da un lato ad innalzarsi e astrarsi nel dare una visione d’insieme, dall’altro ad immergersi nel fango, andare alla radice. Le sue parole sembrano traboccare odori, la sua scrittura dà la sensazione di poter essere toccata. Un climax che verrebbe da definire sensoriale, quasi sinestetico.

Ma come trovare il proprio equilibrio nelle sabbie mobili del male di vivere? Domanda retorica per una risposta impossibile. Ma certo l’aridità e la precarietà di questo mondo parte da lontano. In questo senso potrebbe essere emblematico riprendere, tra i solchi di queste pagine, la storia del piccolo Marco e della sua maestra Hamida. Insegnante insensibile e ottusa, aguzzina istituzionalizzata, che apre uno spiraglio di riflessione – anche – sull’importanza della didattica e dell’infanzia. Su un “imprinting” alla vita che questo libro di storie irrisolte suggerisce a tutti noi. “Vite fragili”, allora, ci ricorda che ognuno sta combattendo la propria battaglia e che l’anima è qualcosa da maneggiare con cura.