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_di Alessia Giazzi
Potrei raccontarvi chi è Ron Gallo. Potrei dirvi che The Guardian è riuscito a paragonarlo a Jack White. Potrei dirvi che è un ragazzo allampanato con una cofana di capelli ricci in testa e una chitarra tutta fuzz e riverberi in mano. Vi consiglierei di leggervi la storia tormentata del suo album Heavy Meta, prima di approdare al nuovo, divertente, Really Nice Guys. Vi direi anche che il suo tour italiano sta per partire e che passerà dal Fans Out di Nizza Monferrato sabato 23 giugno. Avrei potuto raccontarvi tutte queste cose con un’intervista e un articolo come si deve. Invece non lo farò. Vi racconterò di come ho conosciuto Ron Gallo e di come, da allora, la mia vita non sia più la stessa.
Tutto è iniziato con la notizia del suo arrivo in Italia. Potevo intuire che Ron Gallo fosse un personaggio singolare già dalle parole scelte per lanciare il suo tour italiano.
“Veniamo in Italia per la prima volta a giugno. Molto entusiasta di tornare alle mie radici e mangiare tutto. Alessandra Mastronardi entra gratis in qualsiasi spettacolo. Vi amo tutti!”
Potevo capirlo dall’incipit della sua bio.
“I straddle the fence between two mindsets: 1) The world is completely fucked 2) The universe is inside you”
Se ancora avessi avuto dei dubbi, avrei potuto guardare una terza e quarta volta il mockumentary – o forse documentario vero e proprio, alla luce delle ultime scoperte – di presentazione di Really Nice Guys, l’ultimo, dissacrante album sul music business. Forse avrei aperto gli occhi vedendolo lanciarsi dalle scale di casa con lo skate o fracassando la stabilità mentale e uditiva del proprio coinquilino con sperimentazioni estreme di free jazz (davvero, sacrificate 20 minuti per guardarlo, non ve ne pentirete).
Alla fine, ho avuto tre domande a disposizione per capire quanto fosse davvero singolare Ron Gallo. E sono bastate.
Scrollate la pagina solo se siete pronti a sacrificare la serietà con cui affrontate la vita di ogni giorno. Se siete pronti, prima di scrollare, ripetete almeno sei volte di fila “E’ un personaggio singolare”. Buona lettura.
Il tuo ultimo album Really Nice Guys è uscito a gennaio, a quasi un anno di distanza da Heavy Meta. Mentre Heavy Meta è nato da una situazione molto difficile ed emotivamente provante, ora Really Nice Guys prende una piega più ironica. Cosa ti ha portato fino qui?
Ricordare quella vita non è serio! E neanche il business di ciò che facciamo per vivere! O io! O niente di tutto questo!
L’omonimo documentario Really Nice Guys ti vede sperimentare con il jazz e lo skateboard in modo molto caparbio (e un po’ imbarazzante). Qual è il tuo vero approccio alle cose nuove?
Niente riguardo il documentario è finto, quello che vedete è esattamente come stanno le cose.
Il tuo tour italiano parte tra pochi giorni. Ti vedremo davvero suonare su uno skateboard o cosa dobbiamo aspettarci?