Quando l’individuo non segue le convenzione imposte dalla società bensì persegue leggi direzionate al raggiungimento della felicità, nasce una condizione di autosufficienza chiamata “autarchia”. Aron Demetz, affermato scultore altoatesino, racconta il suo codice di regole nella mostra-progetto AUTARCHIA.
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_di Miriam Corona
Aron Demetz è uno scultore puro. Puro perché mette al primo posto la materia con la quale lavora, che non è un mero mezzo bensì qualcosa da sublimare. “Collezionista e ricercatore” che segue le mani, Aron è originario della Val Gardena, in Trentino Alto Adige, culla di molti scultori, ma non lascia che quel luogo incontaminato e immerso nella natura definisca il suo lavoro: “Credo che i lavori avrebbero il loro passo anche nascendo in una città; ogni ambiente influenza un artista, ma non è solamente la propria storia che entra in un’opera, storia, vicinato e incontri la scrivono”.
Il legno è il materiale principale usato dallo scultore, utilizzato nei modi più svariati per realizzare le figure umane dei suoi lavori, in base a quello che esso offre e a quello di cui il fruitore ha bisogno: il rapporto con il materiale infatti è sia sodalizio che lotta, un circolo vizioso in cui l’artista prende ciò che gli serve ma solo da quello che esso è in grado di dare in base alle sue proprietà e al modo di adattarsi a un’idea o modo di lavorazione; porta ad immaginare una forma o superficie collocate in uno spazio. La resistenza di esso fa parte del gioco: “È una fortuna” che avvenga questo, se no non si inizierebbe da nessuna parte. Il processo creativo di Aron parte proprio da lì, dall’insistenza.
In questo senso, in AUTARCHIA il materiale è ecosistema: l’autore dell’opera non è solo l’artista, bensì la materia si fa artefice dell’opera finale.
L’ultimo progetto dell’artista sarà ospitato negli spazi classici del MANN, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che contiene numerose collezioni di antichità del territorio campano e di reperti egizi. “Alcune opere sono in relazione con opere presenti, altre saranno per loro stesse”: infatti la collocazione delle opere all’interno di questo luogo, in cui si rischia il pesante confronto con i capolavori classici presenti, funge da installazione vera e propria, lasciando così il dialogo tra le sculture antiche e quelle contemporanee aperto, suscitandone un’ammirazione contemplativa. Questo avviene sempre “con grande rispetto e umiltà, è un tentativo, tra le varie possibilità, di come poter usare la materia e il corpo in un luogo del genere”.
La mostra, curata da Alessandro Romanini, sarà visitabile dall’8 giugno al 29 luglio 2018 al Museo Archeologico di Napoli. L’inaugurazione sarà il 7 giugno alle h. 12:00.