Il ready-made verbale di Gianfranco Baruchello in mostra alla Galleria Biasutti&Biasutti

Una preziosa mostra ripercorre la vita, la poetica e di pensiero dell’artista toscano.


_di Alessio Moitre

In un’intervista del 25 febbraio 2015 concessa da Gianfranco Baruchello (Livorno, 1924)al giornalista Antonio Gnoli, per le pagine del settimanale “Robinson” de “La Repubblica”, un passaggio mi rimase impresso ed oggi anche di effettivo utilizzo:

“A volte penso che la sola utopia possibile sia scoprire il tragico nel reale. Per quanto il mare sia bello non puoi bere la sua acqua. Mi pare che Ernst Bloch abbia detto che tra il possibile e l’impossibile, esiste una terza via: la tendenza, la propensione. Qualcosa di misterioso, fatto di linee di forza che non capiamo immediatamente. È li che la mia vita si è sempre collocata”.

Non mi stupisce incontrare l’artista toscano nei rifugi teorici del filosofo tedesco come ho potuto constatare alla Galleria Biasutti & Biasutti. Utopico per Bloch era una realtà non definibile chiaramente ma realizzabile, lasciando dunque l’utopismo alla sua forma dozzinale, sovente adottata per indicare teorie strampalate o perlopiù, visionarie. Le parole artistiche di Baruchello paiono aver appreso la lezione.

Le opere in mostra, dalla metà degli anni sessanta a quella del Novecento, sono miniature di soggetti di forma diversa con parole scritte precisamente ma che richiedono al visitatore di tirare l’occhio e proprio questo gesto pare un’indebita intromissione nei lavori del toscano che appaiono invece serene, domestiche ed autosufficienti. E sono da seguire anche i titoli, mirabolanti dove pare il manufatto stesso lo richieda come “tecnica del brusio” e “panga-ganga”, quest’ultimo pare un ready-made verbale degno di Duchamp e Man Ray, personaggi amici e ispiratori dell’opera dell’artista, che per altro in un sua personale forma di asciuttezza estetica, concede solo ciò che sembra essere rimasto, dopo interminabili passaggi di pensiero nonché di creazione. Non stupisce dunque che nella contemporaneità, l’operato di Baruchello sia stato solo di recente portato alla dovuta visione del pubblico dei grandi eventi, (cito le partecipazioni alla Biennale di Venezia 2013 e a Documenta di Kassel nel 2012) e che possa fregiarsi, come in questo caso, di un lavoro di catalogo ad opera di Luca Beatrice, che compare anche con fugaci estratti sul comunicato stampa.

Presenti anche alcune scatole/sculture che inteneriscono per l’ambientazione ben lontano dall’atmosfera delle bambole ma utilizzate come un’analisi antropologica degli ambienti. Inutile però negare che sono i termini, le associazioni, i passaggi verbali ad incidere, facendosi avvicinare ad un pittore come Magritte che ebbe a dire, seguendo il suo operato:
“In un quadro le parole sono della stessa sostanza delle immagini”
L’esposizione rimarrà in essere sino al 28 aprile.