Un duo illustre per nuovo appuntamento con la rassegna “Confronti”, tramite le opere di Carlo Mollino e Carol Rama.
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_di Alessio Moitre
Quando ero scricciolo mi rivolgevo solitamente alla mia nonna chiedendole una “cicu” o per meglio dire, una cicolata (cioccolata), intendendo soddisfare la mia ingordigia con una delizia. La mostra “Carol Rama e Carlo Mollino”, per la rassegna Confronti della Galleria Sabauda, alla sua quarta puntata, per me è una “mostra cicu”: da saggiarsi senza la fastidiante invadenza del tempo.
L’occasione inoltre è assai lieta, l’acquisizione da parte dello stato italiano di due opere, la prima svettante, dal titolo “Pittura 718”, della Rama (1918 – 2015), pervasa dalle istanze del movimento Mac – Movimento Arte Concreta (nato a Milano nel 1948 ad opera di Atanasio Soldati, Gillo Dorfles, Bruno Munari, Gianni Monnet): geometria, astrattismo, libertà compositiva. Porta la data del 1954 (quattro anni prima dello scioglimento del movimento meneghino) e nella sua divisione cromatica e modulistica, ha sicuramente figliato.
Attorno altre opere, tutte degli anni cinquanta, pregevoli a sufficienza da farmi rammaricare di non poterle descrivere tutte nel dettaglio. Ne salvo però una, “Variazione settima” (1951), dal fondo omogeneo, dai colori balzanti, sovrapposti per una sola parte. Altri due pezzi concessi ancora dall’Archivio Carol Rama osservano invece il secondo protagonista, opera di Carlo Mollino (1905 – 1973), “Drago da passeggio” (1964), un lavoro in carta pieghettata e dipinta, vetro e legno.
Il manufatto (in settanta tirature totali) venne regalato all’amica pittrice, con un gradevole libretto utile come autentica impreziosito da perle lessicali. Cito per esempio il caso del termine “chirotteri”, preso dal nome scientifico “Chiroptera Blumenbach” del 1779, più noti come pipistrelli. Il dragone è ripreso anche in una stupenda fotografia scattata da Bepi Ghiotti, autore che con altre immagini presenti in esposizione, ha analizzato l’ambiente casalingo di vita e di passione dell’artista Carol dal 2012 al 2014.
Il “cicu” è curato da Maria Cristina Mundici che già quattro anni fa, vado a memoria, aveva trattato dell’artista torinese in una splendida mostra presso la Gam. “Il garbo è tutto. Segni e carte di Carol Rama”, anche in quel caso con scatti di Bepi Ghiotti. È seguito un raffinato catalogo che, per o fortunati, è da tenersi stretti per godimento personale o per mire finanziarie. Esorto dunque i bamblinanti a recarsi alla Galleria Sabauda, senza porre scuse di comodo. Una stanza sola ma da ammirare a lungo e con gusto: come la “cicu”.