Martedì 27 febbraio la città Caluso ha stappato il suo miglior Erbaluce per brindare al professor Alessandro Barbero e al suo libro sulla Disfatta di Caporetto.
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_di Giorgia Bollati
I racconti legati a quei giorni si perdono tra le pagine dei libri, hanno viaggiato di radio in radio, poi di televisione in televisione, arrivando a toccare angoli remoti del mondo. Molto è stato detto, ma altrettanto aspetta ancora di essere studiato, analizzato e svelato. La notte del 24 ottobre 1917 nei pressi del fiume Isonzo, l’esercito tedesco, accorso in aiuto dell’alleato esercito austriaco, attende gli ultimi minuti prima di sferrare la sua micidiale offensiva. Da mesi i generali preparavano l’operazione, con ingenti spostamenti di divisioni e di mezzi militari attraverso l’Europa, tutti effettuati nel più totale segreto. Nessuno doveva sapere quello che si stava preparando sul fronte italiano: lo schieramento austro-ungarico sembrava, infatti, sul punto della disfatta, ma gli ufficiali viennesi erano andati, infine, a implorare soccorso dal temuto Reich, con tutto l’imbarazzo del caso.
E ovviamente, contrariamente a quanto ordinato, quando il programma ebbe inizio l’operazione era già sulla bocca di tutti da settimane: impossibile nascondere locomotive, militari, uomini in ispezione e armi, ma soprattutto faceva mormorare la ricomparsa della pancetta in un rancio che non vedeva che rape da quelli che sembravano secoli. Gli eserciti erano stanchi, denutriti e demoralizzati e quando la guerra riprese movimento, molto più di quanto se n’era visto negli ultimi tempi, il popolo si fece trovare impreparato.
La Disfatta di Caporetto è stata una tragedia non tanto per la quantità di morti e feriti calcolati, ma per la catastrofe umana e morale determinata da una ritirata disordinata che ha coinvolto tutti gli abitanti della zona fino al Piave e che ha fatto sì che un esercito ridotto alla fame e al disagio trovasse, con l’ordine di distruggerle, tutte le risorse della cui esistenza non si ricordava più ammassate poco distante dalla trincea. Una ritirata finanche suicida nella corsa della folla impazzita e ammassata sui ponti, carichi di munizioni pronte ad esplodere, del letto di morte che prima era il fiume. Una ritirata resa ancora più amara dalla, come da copione, subitanea caccia alle streghe che ha seguito la catastrofe e dallo sfogo irrazionale del Generale Cadorna che, prima che qualcuno potesse fermarlo, aveva già trasmesso alla stampa estera il bollettino in cui denunciava la vigliaccheria dell’esercito, unica causa della sconfitta.
Alessandro Barbero, docente di Storia Medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale, racconta quelle ore con la luce della passione negli occhi e, dopo indagini, ricerche e analisi, trae le sue conclusioni su questa drammatica vicenda. “Caporetto”, edito da Laterza, discende da un lungo curriculum di pubblicazioni, interventi e collaborazioni (una fra tutte quella con Piero Angela in Superquark), che hanno insieme coronato e alimentato il suo amore per la storia, amore con il quale, dopo la consueta lezione all’università e un rocambolesco viaggio nella campagna piemontese, è riuscito ad affascinare i tanti più o meno giovani accolti dal Liceo Piero Martinetti di Caluso, grazie all’organizzazione di Annamaria Gifuni. E per concludere la serata, gli ospiti si sono uniti in un brindisi con il professore presso il Convitto dell’Istituto Ubertini che ha sfoderato i suoi migliori studenti per offrire bignè e salatini, pasticcini e torte, tutto accompagnato dal re del Canavese: l’Erbaluce. Dopo più di cento anni il sangue si è perso ma la ferita non si è rimarginata, e libri come “Caporetto” aiutano a capire le ragioni dell’infezione che ne è scaturita.