Candidato per sei statuette agli Academy Awards, tra cui miglior film, migliore fotografia e miglior attore protagonista , il dramma politico del londinese Joe Wright, racconta i critici giorni tra il 26 maggio e il 4 giugno 1940, che hanno visto protagonisti alcuni dei momenti più drammatici e delicati della storia occidentale e mondiale.
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_di Giulia Scabin
Il corso degli eventi è ben noto: mentre la Germania nazista avanzava sul territorio francese, a Londra si giocava una tesissima partita a scacchi tra chi spingeva per la resa e chi sosteneva la lotta contro Hitler ad ogni costo.
Dopo le dimissioni del Primo Ministro Chamberlain, è Winston Chruchill a dover prendere in mano le redini dell’impaurita Gran Bretagna per spronarla a resistere contro il nemico: con un’opinione pubblica impreparata, un re scettico, e il suo stesso partito contro di lui, Churchill dovrà superare la sua ora più buia, cercando di cambiare le sorti della storia mondiale.
Il regista di Espiazione e Orgoglio e pregiudizio riporta sul grande schermo un altro lato della stessa storia che non molti mesi fa Christopher Nolan ha esplorato con il suo Dunkirk, in modo altrettanto efficace quanto inevitabilmente agli antipodi.
Se Nolan ci porta in prima linea sulle spiagge francesi, Wright ci trasporta negli uffici austeri e nei ministeri inglesi dove si decidono le sorti della storia. Se in Dunkirk abbondano campi lunghi e grandi silenzi, L’ora più buia è invece straripante di parole e quasi claustrofobico: l’ora descritta da Wright è letteralmente buia, gli spazi sono stretti, le luci sono poche e deboli, l’atmosfera è cupa e il cielo si vede appena.
Per il silenzio non c’è spazio nel film inglese, così pieno di linguaggio e retorica da ubriacarci di parole.
Grande coprotagonista del film è proprio la parola, l’arte di saper comunicare, la capacità di riuscire a convincere una nazione. Ne L’ora più buia le parole sono le uniche pallottole che vengono sparate, e se pronunciate dalla persona giusta sono più decisive di qualsiasi azione. Come il conte di Halifax osserva alla fine del film “Churchill ha mobilitato la lingua inglese e l’ha mandata in battaglia”.
Ma nonostante l’atmosfera cupa, merito di Wright è stato quello di restituire a uno dei momenti più drammatici e disperati della storia una sua leggerezza ed un suo umorismo, come solo un inglese poteva fare.
Sotto questo aspetto, enorme merito lo ha ovviamente Gary Oldman, il cui ritratto di Churchill è la punta di diamante di un film classicamente impeccabile.
Già premiato come migliore attore protagonista ai Golden Globe, ai British Academy Film Award, ai Satellite Award e ai Critics’ Choice Award, Oldman guadagna la sua seconda candidatura agli Oscar (già ottenuta nel 2012 per la sua interpretazione in La Talpa), che potrebbe fruttargli la prima vittoria.
Se ad una prima occhiata l’attore britannico sembra irriconoscibile nelle vesti di Churchill, diventa presto evidente la presenza di Gary Oldman sotto il trucco del primo ministro inglese, complici le sue movenze ed il suo inconfondibile sguardo, che rendono l’interpretazione un vero e proprio capolavoro d’autore.
È proprio lo sguardo di Oldman a riuscire nell’arduo compito di ricostruire il lato umano dell’icona della politica inglese, restituendo qualcosa di tenero e amabile ad un politico tutt’altro che tenero e amabile.
Quello di Wright e Oldman non è certo il ritratto di un leader tutto d’un pezzo: oltre all’eroe dei libri di storia emerge infatti un politico cinico e manipolatore, della retorica così come del popolo inglese.
Irascibile e affettuoso, impossibile e sentimentale, frustrato e appassionato: in ogni caso il Churchill di Oldman è umano e autentico.
Film classico e a tratti leggermente didascalico, L’ora più buia resta un film necessario in questo periodo storico e più che mai attuale. Pur non essendo in guerra, nazismo e fascismo tornano oggi ad essere una presenza inquietante nello scenario politico occidentale. Partiti di estrema destra sono al governo in Austria, Polonia e Ungheria, hanno rischiato di vincere le elezioni francesi, e in Italia, alle porte delle elezioni, vengono trattati come politici qualsiasi, mentre per le strada mostrano la propria natura fascista.
Joe Wright, al grido di “fight the fascists” nella metropolitana londinese, rende perciò evidente il bisogno, purtroppo ancora attuale, di opporsi fermamente al nazifascismo.
Dramma storico e politico, ma anche profondamente personale, L’ora più buia non mira certo a stupire, eppure trionfa nel difficile compito di riportare in vita la storia: un thriller di cui conosciamo tutti il finale, capace però di mantenere un’incredibile elettricità dal suo inizio al suo epilogo.
Dedicato alla memoria di Sir John Hurt (inizialmente scelto per il ruolo Chamberlain prima della sua scomparsa nel gennaio 2017), il film di Wright è un film inglese nelle ossa e nella carne, pieno, ironico e commovente. “Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sulle piste d’atterraggio, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline”: rimane in bocca il dolce retrogusto del patriottismo britannico, ed è piacevole immergercisi anche solo per un paio d’ore.
Alcuni film sono semplicemente così ben fatti da farti sentire grato. L’ora più buia è uno di questi.