Il Giocatore di Gabriele Russo tra presente e passato al Teatro Bellini di Napoli

Dal 12 al 17 Dicembre è andato in scena presso il Teatro Bellini di Napoli il riadattamento teatrale di Vitaliano Trevisan diretto da Gabriele Russo de “Il giocatore” di Dostoevskij: di nuovo, dopo “Arancia Meccanica” e “Qualcuno volò sul nido del cuculo” la letteratura si fa teatro chiudendo la “Trilogia della libertà”.


_di Anna Maria Schirano

Il gioco d’azzardo, tema centrale intorno al quale l’intera trama della vicenda viene tessuta, è messo in scena grazie ad una perfetta compartecipazione di dramma e commedia, portati all’esasperazione dalla passione spesso morbosa e dalla compulsione spesso ossessiva che anima i personaggi. Il gioco diventa così, come lo stesso Gabriele Russo conferma, il punto focale della rappresentazione, non solo da intendere come gioco d’azzardo ma come gioco attraverso cui i personaggi vivono le loro relazioni ossessive, il gioco che anima quel briciolo di speranza a cui ciascuno di loro si aggrappa e che li porta a sentirsi costantemente appesi ad un filo.

L’ambientazione atemporale conduce lo spettatore in un viaggio tra passato e presente, tra narrazione e presente scenico: la vecchina succube del vizio del gioco e il giovane costantemente alle prese con il suo video poker non sono altro che il simbolo di una realtà molto più ampia, un sentimento di dipendenza e di malessere che costantemente anima i personaggi nella loro vita, nel modo di affrontarla e di interfacciarsi tra di loro.

I costumi scelti ad hoc per non tradire l’obiettivo di atemporalità, in questo costante andirivieni tra presente e passato, e la particolareggiata scenografia riportano il tutto a quell’atmosfera Dostoevskijana che anima la lettura del romanzo a cui la rappresentazione si ispira.

Tre finti sipari semitrasparenti si aprono e chiudono nel corso dello spettacolo, rendendo ulteriormente peculiare la scenografia stessa. Tutt’un tratto le luci si spengono, la scenografia scompare e gli occhi del pubblico sono rapiti solo dai numeri che si stagliano rossi su sfondo nero lampeggiando alternativamente accompagnati dalla Sinfonia 2, “Between man and trees” di Ezio Bosso: la memoria uditiva ritorna alla Sinfonia 9 di Beethoven in Arancia Meccanica, quella visiva a scenari di ispirazione Lynchiana.