Sesso, Rock e perdizione: le Baccanti di ieri e di oggi

Una messa in scena irriverente e spiazzante quella delle Baccanti di De Rosa, al Carignano fino al 17 Dicembre, che scuote il pubblico e lo trascina nell’abisso della perdizione, la stessa che annebbia le donne tebane e che porta a camminare loro, e noi, sul crinale tra lucidità e follia, rapiti da Dioniso, il dio dell’ebbrezza, che intanto prepara la sua vendetta.


_di Valentina De Carlo

Tenebre e silenzio. Nessun sipario. Veniamo catapultati così in una realtà che ci sembra familiare: sulla scena una poltroncina di velluto rosso, proprio come quella su cui siamo seduti noi, spettatori o protagonisti di ciò che sta per accadere? Un fascio di luce fumosa illumina l’ignaro mortale che da quella poltrona ci volta le spalle. Ma lui non appartiene al pubblico comune, é un inconsapevole Penteo, re di Tebe, che guarda compiersi l’atroce destino della sua città, ed il suo, senza poter far nulla, spettatore, qui sí come noi, della degenerante caduta verso la follia di quelle baccanti che oltrepassano il punto di non ritorno.

Nell’assordante silenzio pian piano si insinua un suono, un rombo palpitante che sembra provenire dalle viscere della terra. Cresce il suo volume e si infila nella nostra cassa toracica picchiando come un martello e amplificando il ritmo cardiaco tanto da risultare fastidioso, mentre gli ansimi inequivocabili delle donne sulla scena si fanno sempre più fitti, più profondi, più rochi, su quella salita nera che trasforma il palco in un fosco monte Citerone. Dietro chiaroscuri e abbaglianti luci psichedeliche, si intravedono le seminude e lascive baccanti, che scivolano verso la libidine sfrenata, amplificata dagli effetti del vino e della danza.

A condurre le sue adepte sulla strada dell’ebrezza estrema, verso la nebbia che annulla i pensieri, giù, nella gola profonda dell’oblio, c’è il dio Dioniso, una ragazza dai lineamenti androgini che, vestita solo di un paio di jeans e dei suoi lunghi capelli dorati che ricadono selvaggi sui suoi seni nudi, sussurra al microfono parole roventi, inneggia alla sua natura divina, esalta la sua potenza e presenta le sue armi: vino, musica, danza, sesso.

Le Baccanti di William-Adolphe Bouguereau

Ecco le carte attraverso cui tentare i mortali, ecco la merce di scambio per avere la loro totale devozione. E la loro mente. Annegati i pensieri nel vino di Bacco, in questa prigione dorata dove il miele scorga dalle rocce e la caccia diventa danza demoniaca, il dolore non esiste. E Penteo, come mai non accetta la natura divina del figlio di Zeus e non vuole ancora credere ai testimoni di questa possessione collettiva?

Pietrificato nella sua sedia, non può negare l’esistenza del dio senza così attirarsi contro la sua ira e la sua vendetta, anche se in realtà freme dalla voglia di vedere con i suoi occhi, di spogliarsi di ogni remora e di ogni legge e accetta così la proposta che il dio gli sussurra all’orecchio e che inevitabilmente lo seduce. Ed è così che fa il primo passo verso la sua fine… In un’atmosfera da discoteca, tutti sono preda del ritmo ossessivo di un’entità altra che li governa, nessuno é padrone di sé stesso, se non il dio che muove le fila delle sue marionette, conquistate con l’assenzio di ieri e di oggi: la frenesia di musica, alcool, sesso, l’occhiale magico che mostra la vie en rose e che non ha perso il suo oscuro fascino.

Quello che alla fine resta in questo estremo caos é soltanto un’emozione: l’angoscia.

Una profonda, viscerale angoscia che ammutolisce di fronte alla morte di Penteo, vittima della sua miscredenza, per mano di sua madre Agave, vittima della sua ebrezza di baccante. Quando cadrà il velo dell’illusione, allora l’angoscia sarà totale. Un manto di brividi e di paure coprirà tutti gli abitanti di Tebe, tutte le baccanti, tutti noi e infine Agave stessa, che si risveglia dal sonno della perdizione e subito una parte di lei muore con suo figlio.

Basteranno musica, alcool e sesso a far dimenticare tutto questo?

In una rivisitazione a tratti estrema e carica di eccessi, Andrea De Rosa sfida sé stesso con la rappresentazione di un dio e della caduta di ogni ideale, mettendo in scena l’ultima tragedia di Euripide, atto finale di una discesa verso l’estremo turbamento dell’animo umano e la sconfitta di ogni ragione. In una location da rave party, che ben fa a pugni con la cornice barocca del Teatro Carignano, i giovani interpreti, tra cui il Dioniso femmina di Federica Rossellini e il Penteo di Lino Musella, hanno reso attuale un dramma millenario, in un oggi in cui Dioniso spopola. Basterà un sacro dio a far cancellare il dolore profano che giorno dopo giorno abita la terra?

 

Foto di copertina by Marco Ghidelli