Mulatu Astatke e il vibrafono parlante

Il racconto del live bolognese di uno dei maestri indiscussi del vibrafono. 

Sabato 20 Febbraio è stata una giornata strana, cominciata con la notizia della scomparsa di Umberto Eco, piena di pensieri e riflessioni: “la conoscenza è un’infinita tensione all’infinito” “ma se Eco amava la cultura, come mai hai fondato Scienze della Comunicazione?” e altro.

Forse non avrei dovuto fumare appena sveglio. E’ sera ormai e le nebulose di pensieri lontane, parcheggio la bici e sono già immerso nel sold out del Locomotiv. Da un grande saggio che ci ha abbandonato a un altro saggio che invece con il terzo millennio sta vivendo una sorta di rinascita, musicale e estetica. Molti giovinastri del panorama musicale afroamericano contemporaneo, fanno a gara per avere samples delle sue tracce all’interno delle proprie produzioni: Nas, Kanye West, Madlib, Odissee… tutti contaminati dalle contaminazioni.

Prima di entrare incontro una coppia di cari amici, gente che viaggia spinta dal piacere della musica, e insieme chiacchiericciamo amabilmente sull’effettiva pronuncia di Astatke o Astatqé o ሙላቱ አስታጥቄ

Il concerto comincia esattamente alle 22.30, come annunciato. Sono i giorni dell’Express Festival, che ha visto esibirsi il giorno prima, sullo stesso palco, i Tortoise e avrebbe visto Andrea Viterbini il giorno dopo. Anche il palco è sold out: il maestro è accompagnato da 6 bei ragazzoni: la Steps Ahead Band, di base a Londra, composta da dei fuoriclasse della musica jazz.

Dopo la breve introduzione musicale è subito Dewell, Mulatu gigioneggia con il vibrafono, circondato da una consolle di percussioni, casse, idiofoni e tastiere. Il pubblico pare un po’ addormentato, forse troppe fotocamere (compreso il sottoscritto) e forse troppi culi fuoritempo (escluso il sottoscritto).

Da Green Africa scivolando fino a Motherland le tracce sono come tempo sdraiato al sole, non si avvertono interruzioni, un sottile sentiero di beat e groove tiene legato il discorso musicale quasi fino alla fine del concerto.

In Motherland (insieme ad Azmari le uniche tracce di Sketches of Ethiopia presenti nel live), i duetti tra Mulatu e Byron Wallen incantano la platea. Il primo canta, gorgheggia, lontano dai microfoni, mentre percuote il vibrafono, il secondo interpreta il brano con un assolo in sordina, struggente ed appassionato.

Spina dorsale della sezione ritmica della band è Richard Olatunde, giovane e potentissimo percussionista di origine yoruba, a fine esibizione mi racconterà che quello a Bologna era l’ultimo concerto del tour, così ho provato a consigliargli qualche trattoria in centro per rilassarsi con una bella mangiata, il giorno dopo, ma non mi sembrava molto convinto.

Forse perchè chi aveva fame in quel momento ero io. Ore 00.01, slego la bicicletta, il concerto è terminato da poco, leggo un messaggio sul telefono: come è stato il concerto? Appunto, come è stato? Anche il palco era sold out: 7 bei ragazzoni, una batteria, una consolle di vibrafoni, percussioni, casse e tastiere, trono dell’incontrastato Mulatu e strumenti vari.

Gallery a cura di Raffaello Rossini