Vi raccontiamo la presentazione torinese di Fragile umanità. Il postumano contemporaneo di Leonardo Caffo. L’autore ha discusso con Raffaele Riba nella Sala Grande del Circolo dei lettori.
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_ di Beatrice Brentani
Alle 21 di lunedì 27 novembre Raffaele Riba ha condotto al Circolo dei Lettori un’intervista (anzi, diciamolo meglio, una chiacchierata filosofico-letteraria) con Leonardo Caffo, il cui ultimo libro, Fragile umanità. Il postumano contemporaneo, è stato pubblicato da Einaudi il 10 ottobre.
Viene da chiedersi che cosa sia questo “postumano contemporaneo” e per quali motivi se ne parli in questo saggio. Forse, l’atteggiamento propositivo di Caffo – vengono proposti, nel testo, sette diversi tipi di step per riuscire a svincolarsi dall’umano odierno e “salire di grado” – è volto anche a dimostrare che questo cambiamento, questa mutazione dell’uomo, è già in atto.
Del resto, l’uomo si trasforma di continuo fin dalle sue origini. Recentemente, però, il cosiddetto homo sapiens sta cercando di darsi una svolta di tipo diverso: stiamo iniziando ad acquisire una certa consapevolezza nei confronti dell’altro-da-noi, di ciò che non è umano, ma che è comunque mondo e con cui facciamo necessariamente i conti ogni giorno. Gli animali, per esempio, o le piante. L’ecosistema, insomma, in generale, e la sua sostanza essenzialmente uguale alla nostra.
Caffo non scrive soltanto per “i filosofi”: il saggio è senza dubbio pieno di riferimenti filosofici ma presenta una prosa adatta anche ai lettori meno specialisti in materia. In fondo, l’argomento che viene trattato non è assolutamente un qualcosa di privilegiato e che occorre mantenere tra le “classi alte”, è invece qualcosa su cui ognuno di noi dovrebbe riflettere. Si parte dal vecchio conosciuto concetto di “antropocentrismo”, che altro non è se non il collaboratore ufficiale dello “specismo”, ossia, per usare le parole dello stesso Caffo, “la discriminazione da parte di Homo sapiens delle altre specie animali”.
“La novità dello specismo che qui propongo è innanzitutto il fatto di intenderlo come una dimenticanza: ci siamo dimenticati che non siamo da soli. Lo specismo è il motore dell’economia: con gli animali, e con ciò che resta dei loro corpi, produciamo letteralmente qualsiasi cosa − dalle pellicole per le macchine fotografiche alla carta da parati, dalla colla per tenere insieme le cuciture delle scarpe fino ai coloranti delle caramelle gommose tanto amate dai bambini.
Quindi gli animali sono ovunque ma noi non possiamo vederli perché, banalmente, li abbiamo nascosti: lo specismo è anche un nascondimento. Certo, tutti noi avremmo la possibilità di vedere ma le potenzialità della vista si arrendono, spesso troppo facilmente, alle caratteristiche del sistema economico che abitiamo” – L. Caffo
La prima parte del saggio è tutta volta a mettere in crisi i tre assi principali su cui si forma la società dell’Homo sapiens: asse etico, asse metafisico e asse scientifico. Secondo Caffo, la maggior parte delle conoscenze che stanno alla base della formazione culturale, sociale ed etica di ognuno di noi è sfalsata da credenze non vere: osservando, per esempio, la Creazione di Adamo nella Cappella Sistina di Giotto a Roma, è Adamo che tende il dito verso l’alto, cioè verso Dio, o è Dio che si abbassa a tendere la mano verso Adamo? Secondo Darwin, sarebbe proprio l’uomo a compiere un movimento dal basso verso l’alto e quindi a tendersi verso un innalzamento della propria persona.
“Innalzarsi” non significherebbe affatto osservare il mondo dall’alto con superiorità ma, al contrario, accettare la propria sostanza che è uguale a quella del resto del mondo.
L’antropocentrismo, invece, tende a negare, o a nascondere, questo essere dell’uomo così simile all’animale e a tutto il mondo. È un retaggio culturale, qualcosa che “ci è stato inculcato” da secoli e secoli di formazione e che sta portando l’ecosistema a una velocissima distruzione (nel saggio, vengono anche riportati veri e propri dati statistici: tra questi, quelli riguardanti la scomparsa annuale di numeri vertiginosi di specie animali – è in atto una progressiva scomparsa della biodiversità).
L’obiettivo polemico del saggio è proprio quello di sfatare questi miti comuni e condurre a una graduale “speciazione”: l’uomo deve assumere nuove caratteristiche per poter dare origine a una nuova specie, quella del postumano. Questa nuova specie umana dovrebbe riuscire, per essere definita tale, a modificare le proprie abitudini alimentari e i propri stili di vita, a partire proprio dai luoghi in cui vive: si dovrebbero prediligere le zone rurali, non per allontanarsi dalla civiltà ma per costruirne una nuova, più sensibile e consapevole nei confronti della terra che abita.
Il postumano, nel sesto step proposto da Caffo, dovrebbe riuscire a raggiungere una sorta di “ibridazione” con la natura che lo circonda: formando un tutt’uno tra l’IO e il mondo, l’IO, cioè l’uomo nuovo formatosi grazie a questa ibridazione, riuscirebbe a tornare nel “quadro” del mondo, a comprenderlo e a smettere di distruggerlo.
Occorre staccarsi dal mondo, capendo che lo si può osservare senza aver necessariamente bisogno di “possederlo”. Questo è il compito primario dell’uomo contemporaneo, di quel “postumano” che nulla è se non un uomo nuovo, non un uomo-altro, ma l’uomo che è in noi e può già, potenzialmente, esistere.