[REPORT] “Nudo e crudo”: gli Hexis al Bandidos Place di Messina

Capita di poter seguire gli Hexis, band Black Hardcore di Copenaghen, abbastanza conosciuta nell’ambito del metal estremo, soprattutto per quanto riguarda la dimensione live, dove si narra diano il meglio di loro stessi.

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_di Giuseppe Picciotto

Con questa premessa mi presento in orario al Bandidos Place di Messina, piccolo tempio del metal/rock della Sicilia, e già subito noto con piacere che c’è una folta presenza di pubblico ad aspettare l’inizio delle danze, affidate ai catanesi BuiOmegA, massiccia band Death/Black Doom, ad alto tasso adrenalinico, forti anche dell’imminente uscita del loro nuovo album, sviscerano più di mezz’ora di musica come fosse un flusso continuo, una materia grezza che viene plasmata in alcuni passaggi “ariosi” strutturando così il loro stile e costituendo un’ottima performance.

Cambio veloce per lasciar spazio agli Hexis che sistemano velocemente i loro strumenti e piantano dietro la batteria una sorta di croce di luci a led che, poi, collegati ai pedali della cassa diventeranno uno dei punti forti del devastante set. I led collegati pulsano ad ogni battito, luce a 7000k, un vero shock per gli occhi e, fra l’altro, costituiscono l’unico supporto luminoso dell’intero concerto.

L’esibizione dei danesi è fatta di suoni lancinanti e mostruosamente ancestrali, un informe corpo dal cui capo fuoriescono urla belluine del vocalist Filip Andersen, un caos strisciante, congegnato anche dal drumming diabolico e crashing di T. Rey: in sostanza un inferno primordiale, dove tutto soffoca e il tempo collassa perdendo la definizione del luogo.
Il termine “Hardcore”, di cui si fregiano i danesi, qui ritorna al suo originale significato di “nudo e crudo”, come se qualcuno ti stesse rivelando senza compromessi un tabù indicibile. Gli Hexis cercano il contatto fisico con il pubblico presente, non ci sono barriere tra loro e chi li segue con gli occhi sbarrati.

Quaranta minuti di set, dove il fregio “devastanti” serpeggia e si aggira tra le bocche di noi tutti, marchiati dalla selvaggia performance, che fino alla fine ha sprigionato scossoni tellurici, urla primitive e un viaggio stellare tra led abbaglianti. Difficile dimenticare.

Gallery fotografica a cura di Giuseppe Picciotto