Madness, oltre lo ska c’è di più

I Madness sono stati molto di più di una ska band qualunque: in occasione della loro doppietta italiana di fine ottobre, abbiamo ripercorso le tappe fondamentali della loro carriera.

_Silvio Bernardi

“Hey you, don’t watch that; watch this”. Nel nostro Paese, per molti, i Madness sono giusto questo: “One Step Beyond”, il video col ballo in fila indiana, tutt’al più anche “Night Boat To Cairo”. La primissima fase, insomma, quella ska. Durata, a livello discografico, un paio d’anni, tre a star larghi, dal 1979 al 1981. Le perle pop che hanno scritto dopo, come non fossero mai esistite: trattati come una ska band qualunque, coi pezzi tutti uguali e i balletti da feste a tema. Un vero peccato, perché la loro discografia è tanto varia (e la fase ska è tutto fuorché banale, come del resto quella di tutti i gruppi 2-Tone) quanto ricca di sorprese: dai brani più clowneschi e vaudeville, come “House Of Fun” e “Baggy Trousers”, ai gioielli della corona beat come “Our House”, “Victoria Gardens”, “Michael Caine”, l’ombrosa “Grey Day”, c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Persino i dischi post-reunion, da “Wonderful a The Liberty of Norton Folgate” e “Oui Oui Si Si Ja Ja Da Da”, non mancano di chicche da intenditori. Motivo per cui, alla vigilia del loro passaggio italiano (sabato 28 ottobre al Live Club di Trezzo sull’Adda e il giorno dopo al Gran Teatro Geox di Padova) organizzato da Barley Arts Promotion, sarebbe il caso di rispolverare la discografia e dedicarle un po’ di tempo, per arrivare preparati e guardare a questa band fondamentale con occhi diversi: non è esagerato definirli i veri eredi dei Kinks, veri rappresentanti di quella finezza e inafferrabilità che la musica londinese ha prodotto così chirurgicamente dagli anni Sessanta ad oggi. Sì, certo, poi faranno anche “One Step Beyond”, mica vorrete non ballarla!

Un piccolo avvio alla loro produzione ve lo diamo noi di Outsiders, con cinque brani (barando clamorosamente, perché sopra ne abbiamo già elencati altri otto, ma per i Madness questo e altro):

My Girl (1979)

Banali e ripetitivi, si diceva? Come no… E qui siamo agli inizi inizi, piena fase ska, giusto per fugare ogni dubbio.

The Return of the Las Palmas 7 (1980)

“One Step Beyond” non è l’unico strumentale da urlo nel bagaglio: questo ad esempio è uno di quei temi che gli autori di colonne sonore pregano ogni notte di partorire.

Cardiac Arrest (1981)

Una lucida follia che attraversa tutti loro brani, seri o faceti che siano: ma nel loro luna park musicale gira sempre tutto per il verso giusto.

The Sun and the Rain (1983)

Qui più Kinks degli stessi Kinks, in un tripudio di agrodolce beat-pop orchestrale.

Forever Young (2012)

Magari sempre giovani no, ma bolliti men che meno: questa è una delle più recenti zampate da vecchi leoni.