L’arrivo degli sciamani ai Murazzi di Torino. Al Magazzino sul Po va in scena una serata che più che un concerto è una seduta rituale psichedelica.
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_di Omar Bovenzi
L’abitudine adottata ultimamente dal locale sui Murazzi è quello di chiudere i concerti entro la mezzanotte, una scelta che personalmente condivido in toto, ma a cui il pubblico (soprattutto quello italiano) deve ancora abituarsi. Normale quindi che, in una situazione in cui tre progetti che propongono musica piuttosto dilatata e, conseguentemente, set piuttosto lunghi (intorno ai 50 minuti ciascuno), la gente accorsa per l’inizio del live dei Troum (poco prima delle 22) non sia molta, ma crescerà comunque nell’arco della performance.
Il duo di Brema presenta la sua ambient onirica e dalle forti sfumature doom affiancando alle classiche macchine (effetti a pedale, campionatori e simili) strumenti non certo convenzionali per il genere, come diamonica, armonica e fisarmonica. I loop dei Troum si susseguono con eleganza e basse frequenze, mentre il pubblico presente sembra seguirli con curiosità e apprezzamento.
Neanche il tempo del cambio palco che parte il set di KHN ‘ SHS, alias Stefano Bertoli, che a differenza dei suoi predecessori lavora su un sound molto più spigoloso e acido, il tutto condito dalla sua presenza fisica e scenica: ciuffo alla David Lynch, mise total black, nubi di vapore acqueo sparate dalla sua sigaretta elettronica e gestualità che hanno sicuramente fatto felici i fotografi presenti (me compreso), accompagnato dalle sue macchine e dai suoi synth. La musica di KHN ‘ SHS riesce a coagulare lame affilate e sottofondi più intimistici con grande maestria. Non è mai facile salire su un palco da solo.
«Le atmosfere evocate sono quelle del post-metal e dello shoegaze,
sembra di addentrarsi nel più oscuro degli abissi»
A chiudere c’è il progetto forse più atteso, quello dei canadesi (ma con base a Berlino) Nadja: lo si capisce dalla moltiplicazione delle presenze in sala, che si schierano di fronte alla pulizia visiva del duo: Aidan Baker rivolto verso il pubblico, Leah Buckareff di spalle, separati da un bidone di metallo si cui si posano effettistica e drum machine. Le atmosfere evocate sono quelle del post-metal e dello shoegaze, sembra di addentrarsi nel più oscuro degli abissi. I brani scivolano via come a comporre un’unica suite musicale, che tiene alta l’attenzione fino alla fine grazie ai suoi saliscendi d’intensità.
Quella andata in scena al Magazzino è stata una serata non per tutte le orecchie insomma, ma certamente distesa e riuscita. Anche gli spiriti evocati saranno tornati a casa soddisfatti.
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Gallery a cura di Omar Bovenzi