Quasi 40 mila presenze al Parco Dora per la maratona elettronica che riesce a coinvolgere emotivamente il pubblico ma anche gli artisti… e nel suo genere si conferma al top in città e probabilmente in Italia.
No, da giornali ed siti web non sta uscendo ultimamente un quadro positivo della vita culturale e ricreativa di Torino: ansia da attacchi terroristici che sfocia in psicosi collettiva, le cosiddette leggi “antimovida” che si traducono in malcontenti, disordini e scontri di piazza, strette e normative sulle misure di sicurezza troppo onerose per alcuni gestori di locali ed organizzatori d’eventi che portano a chiusure forzate di piccole e medie realtà.
A leggere certi articoli sembra che il capoluogo piemontese sia tornato a mettere un piede nella fossa comune delle tante città italiane che non offrono più nulla di culturalmente stimolante, com’era negli anni in cui di importante qui c’era solo la FIAT. Ma poi ci sono realtà a Torino che non solo esistono e resistono alle mille pressioni di questo periodo nefasto ma anzi si ergono a modello di organizzazione (quasi) perfetta da far invidia al resto d’Italia, e anche un po’ all’Europa grazie ad un impegno in costante crescita negli anni. Tra queste realtà sicuramente in prima linea c’è il Kappa Futur Festival, perché difficilmente si possono trovare parole negative per descrivere l’esperienza vissuta nei giorni di sabato 8 e domenica 9 luglio 2017 in quella perla post-industriale che è il Parco Dora.
E dire che non si era partiti nel migliore dei modi, nel pomeriggio del Day 1, con un pericoloso accumulo di gente agli ingressi del festival rimasta troppo tempo sotto il cocente sole estivo, bloccata a causa di un tentativo mal pensato di controlli sommari da eseguire prima di quelli ufficiali della biglietteria, dotata di metal detector. Ma basta poco per dimenticarsi questo inconveniente (che non si è ripresentato, almeno nel mio caso, il giorno seguente) ed essere catapultati in un evento che ha tutte le carte per rimanere negli annali di questa città.
Gli sponsor grossi come Burn e Jagermeister che fanno il loro fondamentale dovere, un’accogliente location all’aperto che può contare su parecchio verde (oltre alla grande tettoia dell’ex acciaieria) in cui trovare riparo evitando un’insolazione ed una line up di prim’ordine con alcuni dei principali esponenti del panorama mondiale techno ed house sono solo alcune delle ragioni che spiegano il sold out di quest’edizione, che ha contato circa 36 mila presenze.
In questo successo io ci vedo ulteriori elementi, che potrebbero sembrare irrilevanti a chi non frequenta assiduamente eventi simili, ma dovrebbero essere alla base di ogni festival che cerca di considerare persone i suoi clienti: l’umanità di rendere disponibili fontane e docce senza obbligare a spendere per rinfrescarsi, la possibilità di riempire gratuitamente bottigliette e bicchieri con l’acqua della SMAT in uno stand, la massiccia presenza di paramedici e volontari per assistere i ragazzi più provati (che fosse con una barella o offrendo una gomma da masticare) e semplici ed efficaci trovate come il pagamento cashless, a differenza di altre realtà (persino più grosse) che han pensato fosse meglio usare dei gettoni per gestire le code di migliaia di persone affamate, diventando giustamente bersaglio di insulti sui social network.
Per questo c’è da incazzarsi quando i telegiornali regionali, anziché esporre questi punti di forza, occupano tre quarti del servizio dedicato al Kappa Futur Festival a parlare di una decina di spacciatori fermati all’ingresso o delle varie dosi di MDMA sequestrate, spendendo parole migliori e più decorose per la Sagra della Nocciola o per le altre cose noiosissime che capitano nella regione Piemonte.
Ovviamente al primo posto in ordine di importanza c’è la musica. La line up, dicevamo: in sei anni si è arrivati a conoscere questo appuntamento in tutta Europa per i nomi altisonanti inseriti nel cartellone, ma mai questo è stato così ricco come nell’edizione 2017 (lo stesso staff sui social parla di biggest & best KFF yet) ed a grandi artisti son corrisposte fortunatamente grandi esibizioni. Impossibile seguire tutto, come in ogni grande festival che si rispetti, ma è parso che non ci si annoiasse mai in nessuno dei tre palchi presenti.
Tra i dj set del sabato bisogna sicuramente menzionare il buon Fatboy Slim, stavolta più divertente rispetto alla comparsata di qualche anno fa qui a Torino anche grazie a delle visuals più massicce che accompagnano un set techno durante il quale Norman Cook ha mescolato con abilità Talking Heads, samba e tracce dall’ultimo album dei Gorillaz. Unico difetto è che si esibisce in contemporanea a The Black Madonna, facendoci sentire poco di uno dei nomi più freschi ed interessanti in circolazione nell’ambito house. Il migliore set del sabato e forse dell’intero weekend è quello della russa Nina Kraviz, che oltre ammaliare per l’esagerato fascino siberiano le migliaia di persone accumulate davanti allo Jager Stage, spara per un’ora e mezza mitragliate letali di acid house e groove di bassi. Groove è la parola d’ordine del palco più particolare del Kappa, ovvero il Dora Stage: tra sabato e domenica si sono qui esibiti maestri della house d’oltreoceano come i Body & Soul e Glenn Underground in B2B con Boo Williams, che per ore ed ore hanno regalato perle retrò tutte da catturare con Shazam come un annetto fa si faceva con i Pokemon per colpa di quella app infernale.
Del secondo giorno rimangono memorabili le tre ore di techno e trance offerte dal papa Sven Vath in compagnia dell’immancabile fratello “ballerino”, l’eleganza della nostra conterranea Carola Pisaturo che scalda il Burn Stage sul far della sera ed il susseguirsi alla consolle principale di Paul Kalkbrenner prima (in giro con il suo nuovo show Back to the future) e Joseph Capriati poi, combo che manda in KO tecnico la calca infernale sotto la tettoia augurandole la buonanotte, ad esclusione degli eroi che han trovato le forze per andare all’afterparty ufficiali del KFF. Per capire quanto questo festival possa coinvolgere emotivamente anche gli artisti, oltre che il pubblico, basta pensare a quante volte il buon Carl Cox sia tornato da queste parti, ma può anche aiutare leggere le parole dello stesso Capriati in questo post pubblicato su Facebook:
Questi sono gli elementi che rendono il Kappa Futur Festival un punto di riferimento e motivo di vanto per Torino, una realtà di cui ricordarsi ogni volta che pensiamo di essere messi peggio di altre città dal punto di vista dell’offerta culturale in Italia. Come direbbe un conterraneo di Capriati: “Kappa, avanti così, mo ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ‘o nuost”.