Il Cuore di Tenebra di Blade Runner 2049

Da Conrad a Villeneuve, passando per il Giappone: la poetica dei “reietti” che hanno visto in faccia l’orrore…

A pochi mesi dall’uscita di Blade Runner 2049, diretto dal talentuoso Villeneuve, già alla prova con la fantascienza nel suo consigliatissimo Arrival, ripercorriamo i temi che passando per il romanzo di Philip dick hanno accomunato, consapevolmente e non, alcuni capolavori del cinema e della letteratura degli ultimi due secoli (circa).

Ci riferiamo in particolare a: Cuore di tenebra di Joseph Conrad, Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, Do Androids Dream of Electric Sheep? di Philip K. Dick, il primo Blade runner di Scott e Tasogare Seibei (Twilight samurai) di Yoji Yamada.

Per chi ha letto e visto quanto citiamo sarà chiaro il centro d’interesse di queste storie: l’antagonista. Il libro che in alcuni casi ha costituito la materia prima di questi rimaneggiamenti (ce lo conferma Coppola), è Cuore di tenebra.

Tutto ciò è una prova di una certa visione della società comune alle epoche e ai luoghi più remoti, che semplificando si potrebbe individuare in una scelta: vivere secondo il bene comune, e quindi della società, o secondo una visione mistica, creandosi una religione personale, il culto della propria personalità.

In tutti i casi che citeremo il protagonista abbraccia la prima visione ed è attratto dalla seconda, rappresentata dall’antagonista, vero e proprio alter ego dell’eroe. La peculiarità di tutti questi racconti è che il protagonista uccide l’antagonista per un dovere impostogli dalla società e non perseguendo una motivazione personale. In tutti questi casi è infatti riluttante fino all’ultimo nel compiere la sua missione: non solo per la sua bontà, ma per uno specchiarsi nell’altro, per un riconoscimento del vero nella visione di questo fantomatico nemico della società e dell’uguaglianza. E più si addentra nel labirinto della sua personalità, più comprende una verità che non può riportare indietro: diventa il testimone di un segreto che racchiude una comunanza con la natura non accettabile dal sistema immunitario sociale.

Vedere Dio, avvicinarsi alla natura dell’Universo è possibile, ma solo a patto di diventare un esiliato, per non dire un assassinato dalla società, rappresentando così la casella bianca per la quale la società (o chi la governa) non vuole fornire spiegazioni.

Ma andiamo per ordine, analizzando un esempio che si colloca lontano dall’occidente di Conrad e Coppola.

Tasogare Seibei è un film giapponese del 1997, ambientato nel periodo medievale in cui i clan di samurai sottostavano allo Shogun. Come nel nostro medioevo avvenivano spesso rivolte intestine con conseguenti guerre tra gruppi armati. In genere anche in quel caso le due principali fazioni erano i riformatori e i conservatori. I clan che si dichiaravano contrari alla linea politica adottata dallo Shogun erano “ribelli”. All’interno dei clan stessi, quando un samurai disobbediva ad un ordine veniva punito, e spesso lo Shogun gli ordinava il suicidio. Nel caso costui non obbedisse all’ordine gli altri samurai del clan provvedevano alla sua eliminazione, spesso recandosi nella sua stessa abitazione. E’ interessante qui stabilire un’equazione: la società si comporta come un sistema immunitario. Molti samurai ribelli infatti riuscivano a fuggire, diventando vagabondi erravano per il paese o per le città principali come veri e propri elementi patogeni, elemosinando o aggregandosi agli altri clan.

«Gli alter ego reietti di questi film hanno scelto loro stessi, in una sorta di culto della personalità, cadendo nel baratro dell’esilio e della solitudine»

Il samurai comune aveva un reddito e in base a questo gli veniva proposta una sposa, proveniente da famiglia altrettanto ricca. Vi erano delle vere e proprie fasce redditizie dalle quali dipendevano la rispettabilità e la collocazione sociale. Un samurai che avesse adempito ad importanti compiti al servizio dello Shogun veniva pagato di più. Il samurai infatti poteva anche essere contadino e guadagnarsi da mangiare con altri espedienti, come nel caso di Seibei, protagonista del film soprannominato “Crepuscolo”. La sua denominazione sociale lo costringe a venire a patti con i suoi doveri e per ordine del capo del clan dovrà uccidere un traditore che ha rifiutato l’ordine del suicidio: Yogo.

Veder crescere le sue figlie e veder morire sua moglie non lo ha più reso fedele alla spada, ma ora il dovere lo chiama. Come Willard in Apocalypse Now e Deckard in Blade Runner, il suo ruolo nella società e gli ordini di tipo militare/poliziesco lo costringono a far violenza su se stesso, a rinunciare alla serenità della vita familiare affrontando così il reietto, il rifiutato dalla società. In tutti questi casi Willard, Deckerd e Seibei incontrano un alter ego, un possibile io che per una scelta ben motivata si è ritrovato ad uscire dall’ordine sociale/militare per inseguire ciò che lui ritiene giusto.

Secondo Spinoza l’individuo dovrebbe vivere secondo il senso comune della collettività, perché da soli si può solo contare su se stessi. Gli alter ego reietti di questi film hanno scelto loro stessi, in una sorta di culto della personalità, cadendo nel baratro dell’esilio e della solitudine. In un certo senso sono stati più forti (ma anche più egoisti) del protagonista, in quanto hanno fatto esattamente la scelta opposta: disobbedire, affermare se stessi scegliendo la propria fine, l’esilio.

Yogo, come Kurtz, emerge dall’ombra della sua abitazione ormai diventata quella di un selvaggio. Roy di Blade Runnerha visto cose che gli umani non possono immaginare” perché anche lui è uscito dal sistema, seguendo ciò che la sua intelligenza gli prefigurava come un disegno comunicatogli da una consapevolezza profonda, che automaticamente priva di senso qualsiasi costruzione sociale, svelandone l’ipocrisia.

Vedremo quali ulteriori riflessioni filosofiche ci suggerirà questo nuovo capitolo della saga firmato dal canadese Denis Villeneuve…