Astoria affollatissima anche in un uggioso lunedì sera estivo per la prima volta dei Preoccupations a Torino. Vi raccontiamo come è andata in attesa del gran finale di stasera con gli statunitensi Whitney, anche loro per la volta nella motorcity.
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_di Stefano D.Ottavio
Non si può dire che Torino non sia maestra di accoglienza. Come si può dare il benvenuto ad un gruppo chiamato Preoccupations in giro con un oscuro album forte di una tracklist con pezzi che si chiamano Anxiety, Monotony e Degraded, se non dopo un weekend di profonde delusioni sportive, degradanti fatti di cronaca cittadina ed il peggiore tempo atmosferico da qualche mese a questa parte?
Scherzi a parte, l’Astoria non poteva chiudere meglio una stagione lungimirante e ricca di grandi concerti, con un live di primo piano come quello che s’è tenuto nella piovosa sera del 5 giugno, l’unico in Italia della band canadese oltre quello che si terrà durante il festival ravennate Beaches Brew. I quattro ragazzi di Calgary arrivano per la prima volta a Torino in una delle ultime battute della promozione di Preoccupations, uscito a settembre 2016 per la Jagjaguwar (etichetta di altre perle dell’indie rock come Angel Olsen, anch’essa appena passata da poco dal Nord Italia), con un tour che li ha portati di recente sul palco delle ultime edizioni di festival enormi come il Coachella ed il Primavera.
Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista, come diceva qualcuno dalle nostre parti, soprattutto se il primo è Viet Kong, disco del mese per Rough Trade e considerato uno degli album post punk principali del 2015, e forse il migliore di quell’anno, pubblicato prima di un cambio di nome dovuto ad accuse di razzismo e varie pressioni esterne indirizzate verso il politicamente corretto (il ragazzo che gestisce il merchandising della band mi ha spiegato prima del live che è quasi come se una band europea si chiamasse I Nazisti). Questo secondo capitolo nella storia dei Preoccupations/ Viet Kong non si scosta dal primo come sonorità e non ha deluso più di tanto in questi mesi le aspettative di pubblico e critica, se non per il fatto che semplicemente non è riuscito a surclassare un debutto così ben riuscito ed efficace. Il merito è sicuramente di aver arricchito il live di violenza e depressione, almeno da quello che abbiamo avuto modo di ascoltare nel Basement di San Salvario.
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La stanza trabocca di gente così come è avvenuto per tutti gli appuntamenti dell’Astoria nell’ultimo mese. Già dall’attacco del live intorno alle 23, i Preoccupations mostrano come i due album ben si sposino dal vivo, con la doppietta di Anxiety e Continental Shelf, entrambi singoli dei rispetti lavori. Il concerto prosegue oscillando come si fa durante un attacco di panico, passando nel giro di pochi secondi dalla quiete ad uno stato di pericolosa frenesia. La stessa frenesia che fa rompere una corda del basso al cantante Matt Flegel, che nel frattempo ha anche modo di tagliarsi un dito e cospargere di sangue tutto il suo Precision bianco, rendendo il tutto ancora più catartico e scenografico.
Il perno del sound della band, l’elemento che contraddistingue i Preoccupations da un centinaio di band che suonano simili, in questo live più che mai è il batterista Mike Wallace che con i ritmi convulsi e grandiosi fill durante il concerto si riprende di prepotenza lo spazio che gli è stato tolto nell’ultimo album, il quale purtroppo non premia abbastanza come avveniva in Viet Kong le sue idee ritmiche. E poi dove lo trovi un batterista che ti cura le ferite al dito, ti pulisce il sangue con uno dei suoi asciugami e ti da il bacino per rincuorarti, come ha fatto lui con Flegel? La lunga coda noise e zoppicante di Death chiude il concerto così come la tracklist del primo album, e si ritorna in superficie come dopo la più efficace delle sedute di psicoterapia.
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Le grandi celebrazioni per la chiusura di questa stagione dell’Astoria non finiscono qui: Comcerto, ad un giorno di distanza dai Preoccupations porta nel Basement gli Whitney nella serata di martedì 6 giugno.