Nella lunga via che ci porta verso la prossima edizione del Todays Festival, lo Spazio 211 grazie a DNA Concerti passa da Nottingham e fa approdare per la prima volta a Torino gli Sleaford Mods. L’indefinibile duo britannico, in Italia per quattro date, conferma anche dal vivo la potenza e la rabbia racchiusa nell’ultimo album English Tapas, uscito lo scorso 3 marzo 2017 per Rough Trade Records.
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_di Stefano D.Ottavio
Secondo Google Maps, Torino e Nottingham sono separati da 1447 chilometri di terra ed acqua. Ma la distanza più profonda non sembra quella geografica quando sentiamo parlare un inglese proveniente da certe zone della Gran Bretagna, ma linguistica, abituati come siamo al ben più comprensibile american english di film, serie televisive e canzonette. Più ci si allontana da Londra e ci si addentra nelle varie città operaie sparse nell’isola, più la pronuncia si fa complicata, impastata e immersa nello slang locale. Com’è possibile allora che un progetto musicale che nasce a Nottingham e del proprio accento e lessico ne fa il manifesto, con uno stile minimale che è più simile allo spoken word che al rap tradizionale riesca ad attirare l’attenzione così lontano da casa propria, arrivando persino a conquistare le orecchie tappate degli italiani?
Non lo sanno neanche gli Sleaford Mods stessi, che la scorsa domenica 28 maggio si sono trovati con sommo stupore di fronte ad uno Spazio 211 di Torino gremito e caloroso (una delle date disseminate lungo la strada verso il prossimo Todays Festival), reduci tra l’altro dal sold out del giorno prima al Santeria Club di Milano. Le risposte al quesito precedente si possono facilmente ipotizzare: il duo inglese, formato dal vocalist Jason Williamson e dal produttore Andrew Fern è da circa tre anni a questa parte sulla bocca di tutti, ovvero più o meno dall’uscita dell’album seminale Divide and Exit (2014, Harbirger Sound) che li ha fatti conoscere all’Europa più attenta ed approdare su uno dei palchi più grossi del Glastonbury Festival nel 2015 per un concerto memorabile.
«Fern sorride, schiaccia il suo tasto prediletto e consuma due o tre Moretti. Williamson, tra un tic da pazzo e un altro, non contiene la gioia per l’accoglienza così calorosa che Torino ha riservato al primo incontro in assoluto tra la città sabauda»
L’attenzione intorno agli Sleaford Mods è dovuta all’originalità del loro suono, goffamente etichettato come hip hop/ punk/ elettronico/ lo-fi e attraverso altri termini probabilmente fuorviarti per qualcuno che vorrebbe avvicinarsi all’ascolto. Due sono i cardini del progetto, ovvero il già citato quasi-rap convulso e aggressivo di Williamson, tra poesia declamata e “fuck off” da hooligan, e le efficaci basi minimali basso/batteria prodotte da Fern, che con sincerità e stile sul palco fa quello che fanno molti dj: schiaccia play sul laptop e beve, avendo già fatto il suo lavoro a casa.
Nei testi si parla di anti-patriottismo, puzza di piscio, la vita da schifo nell’Inghilterra pre e post Brexit, l’alcool, le droghe, le infinite difficoltà del mondo del lavoro e le varie sconfitte di tutti i giorni sul piano personale e nazionale, il tutto condito con una certa ironia british che addolcisce le amare invettive. La rabbia e l’attitudine non sono cambiati nel corso degli anni, e tanto meno nell’ultimo English Tapas, uscito ad inizio 2017 per la mitica etichetta britannica Rough Trade. Il quarto album della loro carriera però ha la peculiarità di essere più eterogeneo e vario sia musicalmente che dal punto di vista delle linee vocali, con pezzi che sembrano vere e proprie canzoni almeno rispetto allo standard della band, probabilmente grazie alla mano del produttore discografico Steve Mackey, bassista dei Pulp e già nascosto dietro ad alcuni lavori di M.I.A. e Florence + The Machine.
Il concerto non ha nulla da inviare come intensità all’esibizione di un gruppo hardcore punk, nonostante si basi su un computer collegato alle casse ed una voce. Ma quando si hanno cose da dire, convinzione, attitudine si può convincere qualsiasi ascoltatore, anche chi sul momento non capisce mezza parola pronunciata e dovrà attaccarsi a Genius.com quando torna a casa. Dopo l’apertura di quello che probabilmente è un amico della band a cui è stato ordinato di fare mezz’ora di cose a caso sul palco, compito che gli riesce molto bene, gli Sleaford Mods salgono sul palco e passano in rassegna praticamente tutti i pezzi di English Tapas, quasi nello stesso ordine dell’album: si parte con Army Nights e si chiude con il singolo B.H.S. Il “bis” è una tripletta sputata in faccia dei pezzi più rappresentativi e celebri dei Mods, ovvero la memorabile Tied Up in Nottz, T.C.R. e una Tweet Tweet Tweet da pogo delle grandi occasioni.
Fern sorride, schiaccia il suo tasto prediletto e consuma due o tre Moretti. Williamson, tra un tic da pazzo e un altro, non contiene la gioia per l’accoglienza così calorosa che Torino ha riservato al primo incontro in assoluto tra la città sabauda e gli Sleaford Mods, e si scusa di non sapere parlare italiano per ringraziare adeguatamente il pubblico. Quel pubblico che, sparso in tutta Europa, l’ha portato nel giro di una manciata d’anni da esibirsi nei piccoli Club e negozietti di Nottingham ad essere uno dei nomi più attesi del prossimo Primavera Festival del 2017.