Dopo il successo del primo lungometraggio “Salvo” all’edizione del 2013, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza tornano a Cannes, questa volta per aprire la “Settimana della Critica” (primo film italiano ad avere tale onore), con il film “Sicilian Ghost Story”.
–
_di Pier Allegri
Si tratta del libero adattamento dal racconto “Un cavaliere bianco” di Marco Mancassola inserito nella raccolta “Non saremo confusi per sempre”, il quale è ispirato a sua volta da un vero episodio di cronaca nera degli anni ‘90, il rapimento da parte della mafia di Giuseppe Di Matteo, figlio allora tredicenne di un collaboratore di giustizia ed ex-mafioso, e il conseguente omicidio dopo quasi tre anni di prigionia. Il cadavere del bambino fu, in seguito, disciolto nell’acido per occultarlo.
“Fu dopo l’omicidio di Di Matteo che lasciammo la Sicilia e ci portammo quella storia appresso. Non sapevamo però in che modo raccontarla, finché non leggemmo il racconto di Mancassola, il quale aveva dato una dimensione nuova e favolistica a un episodio imperdonabile della Sicilia moderna, donando persino una sorta di lieto fine. La favola ci ha permesso di raccontare finalmente questa storia senza cadere nella dimensione geografica della fiction e di inserire l’elemento dell’amore innocente e bellissimo tra questi due bambini.”
Per Luna, la giovane protagonista del film, è l’inizio dell’adolescenza sulle montagne della Sicilia (paesaggio atipico dell’isola) e di un amore incontrollabile per l’amico e compagno di classe Giuseppe, evidentemente ricambiato. Questo amore è però proibito dalla fredda madre di lei, in quanto il ragazzino è il figlio di un mafioso locale (o forse perché è figlio dell’ “infame”, non ci è dato sapere), ma ciò non fa che crescere il suo affetto per lui. Quando il ragazzo scompare, rapito nel bosco da mafiosi mostruosi, quasi degli orchi, Luna sembra essere l’unica nel paese contaminato dall’omertà a volerlo salvare, attraverso atti disperati di ribellione e nei sogni a occhi aperti che sembrano segnarle l’esistenza e le donano capacità quasi magiche.
“Sicilian Ghost Story” è un’atroce storia vera incorniciata in una favola dei fratelli Grimm
I boschi minacciosi e bellissimi, quasi gotici, attraverso la superba fotografia di Luca Bigazzi divengono duplici in natura, sia affascinanti che pericolosi, fatati e diabolici. Duplice è anche la narrazione del film, che si divide fra la desolante realtà criminale della Sicilia e la magia di Luna e dei suoi sogni, l’innocenza del suo amore. Il film è unico nell’adottare una lente che pare vicina al realismo magico di Marquez e Allende, leggero e fluido nell’esecuzione ma raramente compiaciuto, attento, però, a non sacrificare la veridicità storica e orribile dell’episodio, donandole, forse, una sorta di espiazione e un necessario lieto fine che illumina l’oscurità.