Con questo nuovo open world Eiji Aounuma è riuscito a trovare un perfetto compromesso tra l’innovazione (da alcuni non accettata nel suo bellissimo The wind waker) e la tradizione, realizzando quello che alcuni definiscono il miglior capitolo della serie dai tempi di Ocarina of time. Vi raccontiamo uno dei videogiochi più attesi dell’anno: The Legend of Zelda: Breath of the Wild.
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_di Matteo Billia
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A rendere questo titolo un classico, è soprattutto il senso di realtà che si percepisce in esso. Di sicuro non lo si può definire diversamente da “un mondo di gioco non realistico” (e non ha nemmeno la pretesa di esserlo), ma il senso di desolazione che si percepisce, lo spirito del popolo di Hyrule che vuole rialzarsi combattendo una natura e una tecnologia avverse, non possono non far pensare alla realtà geografica/politica del Giappone post Fukushima.
Il paesaggio di Breath of the wild è sconfinato (praticamente 12 volte la grandezza di Twililight princess) e lo si può percorrere liberamente (nota: per realizzarlo è stata preso come riferimento l’estensione di Kyoto). Nessuna storia prevede di affrontare i dungeon in un certo ordine, e la struttura stessa della narrazione è stata pensata per essere ricomposta come un puzzle dal giocatore, senza un vero e proprio ordine prestabilito di scelte.
Ciò che sembra continuamente dirci Breath of the Wild è: PUOI. E questo ci è chiaro fin dall’inizio.
La natura è protagonista…
Il paesaggio è il vero protagonista di Breath of the wild, ed è esso stesso ad imporci gli ostacoli più interessanti del gioco. Basti pensare agli eventi atmosferici che influenzeranno le nostre azioni e che in molti casi interagiranno con il nostro equipaggiamento (come i fulmini che ci colpiscono se abbiamo oggetti di metallo equipaggiati, o la pioggia che ci rende le scalate più difficili).
Anche la nostra sopravvivenza sarà direttamente dipendente dalla natura che ci circonda. Nessun tesoro e nessuna uccisione di nemici comuni ci regaleranno punti vita o potenziamenti. Tutto dipenderà dalla nostra capacità di procurarci cibo, cucinare, creare pozioni e cacciare.
… e ci guida
Come già anticipato il mondo di gioco è un enorme spazio continuo, privo di fasi di caricamento tra zone diverse, e una percentuale cospicua di ore di gameplay sarà costituita da scalate di alture. Solo così è infatti possibile analizzare il paesaggio circostante per dare priorità al proprio percorso. E’ inoltre degno di nota come la mappa sia priva di punti morti o di scarso interesse.
Zelda risulta essere un videogioco in cui lo spazio sconfinato che si percorre ha una funzione fondamentale, e il viaggio non è mai monotono, mai privo di sorprese o divertimento. Ogni viaggio intrapreso sulle colline e i monti di Hyrule, vi porterà a rimanere coinvolti in avventure che vi emozioneranno grazie alla naturalezza con cui vi si presentano.
La colonna sonora è raffinatamente minimalista, limitata a poche note di pianoforte (new entry nella colonna sonora della saga) che lasciano molto spazio ai suoni ambientali e a quelli provocati dai passi di Link sulle diverse superfici del territorio.
Ciò che quindi rende tutto estremamente godibile è la cura del dettaglio di un mondo così vasto, e il livello qualitativo sempre costante. Lo si può notare nelle scelte di design, di stile e di maniacalità nel far avere una personalità ad ogni nuova arma, ogni nuovo personaggio incontrato sulla strada.
A proposito di armi. Il sistema di distruttibilità di queste è un aspetto fondamentale del gameplay, che si sposa perfettamente con la filosofia che vuole essere trasmessa dal gioco. I vari oggetti ed equipaggiamenti sono un continuo divenire di materiali obsoleti, che naturalmente si contrappongono alla sacralità della “spada suprema” (per contrasto e valorizzazione) e che costringono il giocatore a non fare mai affidamento su nulla, se non al prendere atto del continuo mutamento delle condizioni di gioco.
Una curiosità: il design dei guardiani, delle armi e degli ambienti è stato ispirato al periodo Jōmon, periodo di storia giapponese che va da circa il 10000 a.C. fino al 300 a.C., caratterizzato da forme scultoree decisamente interessanti e inedite per l’Occidente.