Casa di Bambola: squarciare il velo dell’illusione

Una casa di bambola di carne e sentimenti: un giro di giostra tra doveri morali e istinti del cuore, tra bambole vere ed esseri umani fittizi. Al Teatro Carignano di Torino va in scena lo spettacolo teatrale tratto dall’opera di Ibsen, con protagonisti Marina Rocco e Filippo Timi. 

_di Valentina De Carlo

Un carillon suona e si apre la scena. Una musica dolce, che incanta, passi leggeri di donna. La segui e lei ti porta immediatamente nella sua dimensione, nella sua storia. In pochi minuti ci si dimentica di essere a teatro, si viene rapiti dai personaggi e ci si ritrova dentro Una casa di bambola. Nel candore di un Natale rosa confetto, l’atmosfera si fa subito dolceamara, tra porte e muri che lasciano intravedere controscena importanti, scene dentro la scena, come in una matrioska, tra veli di tulle che separano sogni e realtà, in una scenografia quasi cinematografica, dove la sensazione palpabile che subito ti assale, è che tutto non sia come sembra.

La potente e drammatica opera di Ibsen, che al suo tempo sconvolse la benpensante borghesia norvegese del 1879, viene messa in scena dalla regista Andrée Ruth Shammah in tutta la sua autenticità e segue passo dopo passo, con una lente d’ingrandimento per le pieghe più nascoste dell’animo femminile, la presa di coscienza ed il ritorno alla luce di un’allodola dalle ali spezzate che, circondata dal conforto di una vita per bene, vive in una realtà annebbiata, ricoperta da un velo perlaceo che le fa credere che sia tutto “meraviglioso” e “delizioso”.

«Uno spettacolo coinvolgente dal primo all’ultimo istante, tra musica, scenografie fiabesche e cambi di costume degni di un trasformista»

Ma lei, Nora, lo crede davvero? Circondata da uomini forti, influenti e dalle posizioni dominanti (il marito, il medico, il complice del passato), tutti magistralmente interpretati da un istrionico Filippo Timi, la giovane e capricciosa protagonista femminile, delineata da un’eccellente Marina Rocco in tutte le sue sfaccettature, sempre in bilico tra lucidità e follia, serietà e gioco, depressione ed euforia, sarà trascinata in avanti da un giro di giostra inaspettato, che la porterà sull’orlo di un baratro chiamato suicidio. Il passato ingombrante di un prestito contratto in segreto, all’insaputa del marito per salvarlo da una malattia, e di una firma falsa, si troverà come un pacco di Natale sotto l’albero, pronto ad essere scartato e a gettare in frantumi la sua fragile realtà di specchi e di balocchi, che inizierà a girarle vorticosamente attorno, tra gli insegnamenti morali e imprescindibili del marito, la minaccia dello scandalo ed inaspettate confessioni. La Casa di bambola portata in scena al Teatro Carignano di Torino dalla Fondazione Teatro della Toscana, rispolvera e dona una nuova forma ad un classico che per il suo messaggio femminista e la sua carica ribelle e provocatoria, precorreva i tempi dell’autore e che oggi si immerge in una contemporaneità che lo rende estremamente attuale, dove la scelta finale di Nora resta modello esemplare.

La morale maschilista che Ibsen pone a sottofondo della pièce teatrale avvolge tutti i personaggi maschili, per poi riversarsi interamente sul marito, il signor Helmer, che dovrà confrontarsi con la sua bambola ormai cresciuta, che una volta squarciato il velo dell’illusione, vede la realtà per ciò che è davvero e la affronta con coraggiosa dignità.

Uno spettacolo coinvolgente dal primo all’ultimo istante, tra scenografie fiabesche e frammenti di musica all’arpa, tarantelle veramente ballate e battute scherzose con gli spettatori, tra canzoni jazz cantate a cappella e cambi di costume degni di un trasformista: gli attori stupiscono il pubblico, che rimane in un silenzio magico, spezzato solo dalle risate, per tutto lo spettacolo. Una casa di bambola dove personaggi veri, fatti di carne e sentimenti, prendono il posto della stoffa delle bambole che, come la neve fuori dal portone di casa, cadrà a brandelli sul palcoscenico della vita.

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