La rassegna più golosa di Torino e provincia, con buona pace di Dante e degl’infernali gironi.
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_di Rossella Pizzurro
Dopo un anno di stop “Cioccolatò” riparte con le idee più chiare che mai tanto da far pensare più ad un “pit- stop”, atto a rendere la macchina più snella e veloce che ad una pausa di noia vestita.
Partiamo quindi dalla novità: dopo un anno di assenza, “Cioccolatò” quest’anno riparte e lo fa in grande stile, raddoppiando gli appuntamenti. Come promesso dalla Sindaca Chiara Appendino, Cioccolatò, in questo 2017, vestirà i duplici panni di un’anteprima. Un “Aspettando…” che parla già, di per sè, di trasognate attese, il cui ruolo sarà quello di solleticare le papille dei ciocco-dipendenti, lasciandoli sospesi nell’aspettativa di un soddisfacimento più rotondo e sensuale che troverà appagamento, in autunno, quando le foglie arrossiscono (e c’è da chiedersi se lo facciano proprio a causa di tale appagamento), quando avrà luogo la rassegna madre vera e propria di “Cioccolatò 2017″.
“Aspettando Cioccolatò“, che ha avuto luogo nell’aristocratica e centralissima Via Carlo Alberto, nel tratto compreso tra Via Giolitti e Piazza Carlo Alberto, in un uggioso fine settimana dai tratti più autunnali che primaverili – da Venerdì 24 a Domenica 26 Marzo – ha delineato quale sarà il fil rouge dell’edizione di “Cioccolatò 2017″. Grande attenzione rivolta alle imprese artigiane più di nicchia, di Torino e del Piemonte, l’individuazione delle quali spetta alla Camera di Commercio di Torino, accostate a marchi del settore ormai più che consolidate e dal carattere più aziendale.
Ventisei espositori, tra cui dieci Maestri del Gusto della Città di Torino e Provincia, si sono suddivisi il compito di tentare gli ignari avventori e ognuno lo ha fatto assecondando il proprio stile. Come Stefano Poretti, Mastro Cioccolatiere e titolare della Cioccolateria Poretti di Mezzenile che, dalla richiesta di un giovane cliente desideroso di fare un bel regalo alla mamma, crea un delizioso topolino che, nel tempo, diventerà il : “Toporetto“, simbolo della cioccolateria. Stefano è l’emblema, a sua volta, di una virtuosa classe di artigiani (molto più rappresentata di quel che si creda in un Paese dimentico dei propri punti di forza), che non si accontenta solamente di dar sfogo alla propria creatività ma cerca di nobilitare la materia andandone alla ricerca direttamente dai produttori e studiandone le varie fasi di lavorazione, per approdare all’aroma desiderato, al gusto voluto. Senza dimenticare le implicazioni etiche e sociali che, spesso, incombono su materie soprattutto di derivazione coloniale.
In questo senso, gli addetti ai lavori possono far molto cercando di scegliere una materia prima che venga coltivata, lavorata e pagata in modo equo pulito e giusto (per citare Slow Food). Conoscenze queste acquisibili solo decidendo di avere un’informazione chiara e diretta, ottenibile, il più delle volte, andando direttamente alla fonte nei luoghi di produzione.
Accanto a realtà più giovani come la Cioccolateria Poretti, poi, sono presenti realtà storiche della cioccolateria piemontese come Piemont Cioccolato dal 1948 o Boella e Sorrisi dal 1939. E poi ancora realtà che nascono come sintesi tra la storia del cioccolata a Torino e nuove leve come Ziccat, storica realtà artigianale esistente dal 1958 a cui, una nuova gestione nel 2014, porta nuova linfa che si palesa, ad esempio, nell’introduzione del pirottino di cioccolato, utilizzabile come bicchierino per creativi shortini.
Tirando le fila, quindi, si può dire che si sia trattato di un “Aspettando…” per tutti i gusti capace di spaziare tra classici per ogni stagione come sua maestà il Giandujotto o l’intramontabile nocciolato fondente, presente anche nelle versioni allo zenzero, fichi e uvetta o mirtilli rossi solo per citarne alcune varianti alle variopinte uova pasquali, nell’imminenza di questa ricorrenza, che hanno fatto smarrire la via anche dei più stoici gastro-moralisti – passatemi il termine.
Come lo so? Perchè io faccio parte di quella schiera di gastro-moral-autocensori che inizia, però, a credere, che “la via per l’inferno sia lastricata più che dalle buone intenzioni, da praline di ogni misura foggia e forma, tartufate e non, alla ciliegia, pistacchi, noci, mandorle e chi più ne ha più ne metta”, che da questo fine settimana non abbandonano più i miei pensieri, sospesi nell’attesa di un ancor più goloso autunno.