Debris Hill & New Adventures in Lo-Fi ci raccontano il loro split

Due band folgorate dell’emocore dei 90’s e un poker di canzoni che mescolano introspezione e urgenza creativa. I Debris Hill da Verona e i New Adventures in Lo-Fi da Torino ci raccontano la loro collaborazione track by track, tra melodie sull’orlo di una crisi di nervi e punti di domanda esistenziali. 

Quattro canzoni, due per band. Si registra in due giorni a Torino negli studi di Dotto, si mixa a Verona in casa Debris. “Tutto in amicizia”, ci tengono a precisare. Producono quattro belle realtà DIY: diNotte Records, Stop Records, Screamore e ovviamente la crew di Dotto (roccaforte dei New Adventures). 

Abbiamo chiesto ai ragazzi di raccontarci – loro stessi, dall’interno – genesi, sviluppi e prospettive di queste quattro canzoni in bilico tra pop e rumore.

L’artwork del disco, disegnato dallo stesso Michele Zambon dei Debris Hill

Partono i Debris Hill (nella foto di copertina). 

“Dinamo”

Il primo pezzo Debris Hill completato come quartetto. Per molto tempo è stato didascalicamente chiamato “Spinta”. Dopo ogni take la sola cosa che dicevamo era: ” Non male, però ora suoniamo più forte e più veloci. Che c’è da ridere?”. Questo è il sesto take, nel settimo c’era qualcuno che rideva e tossiva. Come usanza le linee vocali furono ultimate cinque minuti prima del mastering.

“Connewitz”

Questo pezzo l’abbiamo suonato dal vivo per molti mesi prima di registrarlo, era il nostro “pezzo nuovo” della scaletta. Dovevamo partire per un tour e volevamo assolutamente suonare qualcosa di nuovo, perciò la sera prima di mettersi in viaggio decidemmo che era bello pronto e finito. Ovviamente ci sbagliammo e fu riarrangiato per due chitarre e il testo cambiò. C’è un featuring di Enrico dei New Adventures nei ritornelli e una crisi nervosa collabora nell’esecuzione del”anyway” alla fine del brano. Dato che non si capisce quello che cantiamo gli amici lo chiamano affettuosamente “Your Hands”.

E proseguono i NAILF (qui sotto in foto).

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“Defective”

Una canzone importante che arriva dopo una lunghissima pausa di non-riflessione. Scritta in dieci minuti, provata tutti insieme tre o quattro volte – con il nuovo batterista Ettore in prestito dagli stessi Debris Hill – e registrata in una giornata d’autunno. Dentro ci sono un po’ di punti interrogativi, quelle domande tipo “ma come fai ad andare a dormire sereno?” e un paio di certezze: la vittoria non sempre porta gioia – “winners are lonely”, ma disertare non è neanche una bella soluzione.

“Why don’t you Dance?”

“Why don’t you Dance?” è un racconto di Raymond Carver. Uno dei suoi più belli, forse, in cui si respira quell’aria malinconica e cinematografica da midwest americano: un vialetto desolato, un mucchio di cianfrusaglie in vendita davanti a casa, una coppia che, alla fine, balla.
Ci vuole coraggio a ballare, soprattutto davanti agli sguardi altrui. Ci vuole anche coraggio a cambiare un stile e a osare di più con la musica, non fossilizzarsi. Con “Why don’t you Dance?” abbiamo provato a ballare, forse un po’ goffamente. Spoiler: “parlare” mentre si suona è difficilissimo.