Il cantautore toscano si appresta a concludere in maniera trionfale un tour ricco di soddisfazioni e riconoscimenti. Al Monk di Roma Francesco Motta fa addirittura doppietta: vi raccontiamo la seconda data nella Capitale, con la comparsata dell’amico e produttore Riccardo Sinigallia.
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_di Stefano D. Ottavio
“Grazie Roma per aver adottato un pisano, non era facile!” dice contento Francesco Motta nella pausa tra un pezzo ed un altro, rivolgendosi al pubblico che affolla il Monk. E di essere contento ha tutte le ragioni: la serata del 18 marzo è sold out, così come è stata quella di venerdì 17 nello stesso locale romano. Questo è d’altronde un momento particolare per il cantautore: il 18 marzo del 2016 usciva “La fine dei vent’anni” per Woodworm, un disco che, oltre il riconoscimento della Targa Tenco come migliore Opera Prima, ha regalato un tour lungo un centinaio di date che si concluderà, dopo essere passato in questa occasione dalla capitale, l’1 aprile all’Alcatraz di Milano prima di una meritata pausa.
Il concerto, tanto nei pezzi in scaletta quanto negli “intermezzi” per dialogare con il pubblico, è il riflesso della vita di Motta e ci parla del suo passato, del presente, del rapporto con ragazze e genitori, delle sue influenze e delle riflessioni scazzate di un ragazzo che si affaccia all’ansiosa soglia dei trent’anni.
«Dodici pezzi sparati in faccia e cantati in coro con una folla realmente calorosa, che partecipa dall’inizio fino alla fine, con lunga coda noise di Prenditi quello che vuoi»
Il suo passato è la militanza nei Criminal Jokers, band in cui ha suonato per 10 anni prima dell’avventura solista e di cui concede le cover di Fango e Cambio la Faccia (uniche canzoni del concerto non tratte da La fine dei vent’anni), introducendole con un lapidario e incontestabile “Grazie per essere qua oggi, ma dove cazzo eravate nei 10 anni in cui ho suonato con loro?”.
L’amore e l’ammirazione nei confronti dei genitori è tutta racchiusa in Mio padre era un comunista, dedicata, proprio un giorno prima della Festa del Papà, a colui che “si è fatto un sacco di debiti in banca per comprargli gli strumenti musicali e permettergli di scrivere canzoni”. Tra domande provocatorie e dichiarazioni affettuose, c’è spazio anche per una stoccata amara: nel ringraziare Riccardo Sinigallia per la produzione del disco e il contributo fondamentale nella creazione di Sei bella davvero (“Senza di lui le canzoni nel disco sarebbero nove e non dieci”), accusa quella che chiama ironicamente scena romana di non aver mai parlato a sufficienza e dato i giusti meriti a questo fondamentale musicista e produttore. Per tutta risposta, sorprendendo il pubblico e Motta stesso, proprio Sinigallia si palesa sul palco per fare i cori finali della canzone, scomparendo poco dopo un lungo abbraccio con il cantante.
Il concerto è breve e fa avvertire ormai la necessità di nuovo materiale, ma rimane comunque molto intenso e scorrevole grazie alla band con cui Motta è andato in giro per tutto questo anno di tour, che si poggia soprattutto sul groove e la solidità di Cesare Petulicchio alla batteria, ora in pausa dai suoi Bud Spencer Blues Explosion. Sono stati dodici pezzi sparati in faccia e cantati sguaiatamente da Motta insieme ad una folla realmente calorosa, che partecipa dall’inizio fino alla fine (concessa dalla lunga coda noise di Prenditi quello che vuoi) confermando l’approvazione di pubblico e critica per uno degli album italiani migliori degli ultimi anni. Nonostante il cantante abbia fatto intendere con battute e scherzi per tutto il live quanta fatica sia costato La fine dei vent’anni, per esempio dicendo “Ma in futuro non posso solamente mettere su una cover band di Motta?“, non resta che sperare che la pausa dopo il tour sia profilica e porti ad un altro grande lavoro.
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