Giovane proprietario della Cascina Bocciarda, Mirco Cortese produce – tra le altre granelle – mais e grano saraceno, crescendo di anno in anno. In questa intervista ci racconta la storia della sua azienda e la vita del produttore (oggi, in Italia, per un ragazzo giovane) ma anche perché la polenta fatta con farina di Pignoletto rosso è così buona…
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_di Giorgia Bollati
Una piccola realtà in espansione: questo è Cascina Bocciarda, l’Azienda Agricola condotta da Mirco Cortese, un giovane imprenditore del Canavese che, grazie ai primi mattoncini posti dal padre, è riuscito a costruire un’impresa che si fa, di giorno in giorno, più ambiziosa. Puntando sulla produzione di diversi tipi di cereali, ma in particolare su quella dei mais antichi, l’azienda si è ritagliata uno spazio nei mercati dell’alto Piemonte e non solo, portando su tavole sempre più numerose le polente dai profumi di una volta.
I mais antichi, quali, tra gli altri, il Pignoletto rosso e il Nostrano dell’Isola, producono una granella di tipo vitreo e sono stati selezionati nei secoli in diverse zone dell’Italia del Nord; vengono coltivati con metodi tradizionali per garantire le qualità organolettiche della farina.
Com’è nata la tua azienda? Sei stato introdotto al mondo dell’agricoltura da tuo padre che era già nel campo, oppure hai seguito un percorso tuo?
“Non sono cresciuto con l’idea di diventare imprenditore in campo agricolo: uscito dall’istituto per geometri ho provato a fare diversi lavori, tra cui muratore e operaio, ma era molto pesante e non mi appassionava; poi, dopo un incidente, non sono più potuto tornare in fabbrica. Probabilmente è stato destino, sicuramente se non fosse andata così sarei più rilassato, ma ho intrapreso la strada giusta per me. Mio papà aveva già una piccola azienda che si adoperava in coltivazione e attività di varia natura, più per passione che altro, perché durante il giorno lavorava in fabbrica; poi, con il tempo, grazie alla sua costanza, da due trattorini siamo arrivati ad avere sei trattori. Il macchinario che già possedevamo era lo stesso che andava usato per il mais, così abbiamo pensato di immetterci in quel tipo di produzione.”
Quali sono le tipologie di coltivazioni su cui lavori?
“Abbiamo il Pignoletto rosso (di cui non esistono sementi in commercio, ma bisogna averlo da un produttore), il Mais nostrano dell’isola (che è il più buono, ma ha poco smercio perché, scarsamente pubblicizzato, è poco conosciuto), il Mais bianco veneto, la Segale, il Grano (da farina 00), il Grano Saraceno (di cui siamo gli unici produttori della zona) e la Soia.”
«I mais antichi sono puri: per questo si dicono vitrei, e si differenziano dal mais “giallo americano” perché questo è ibrido»
Come avete iniziato a coltivare il Pignoletto rosso?
“È iniziata un po’ per scherzo perché un nostro vicino, un piccolo produttore della zona, ci ha portato un sacchettino del famosissimo Pignoletto rosso e, quasi per gioco, ci ha suggerito di provare a piantarlo. Il primo anno dal sacchetto abbiamo avuto circa 200 metri quadri di campo, poi, considerando che se ne producono 200 per pannocchia, il secondo anno ne abbiamo avuti molti di più. Il proprietario del mulino di Piova, un mulino della zona di discrete dimensioni, ha sentito di questa produzione e si è dichiarato fin da subito a macinare la nostra granella di Pignoletto rosso per vendere la farina. Così è iniziata una collaborazione che dura tutt’ora e ci ha permesso di espanderci sempre di più. Quest’anno abbiamo anche venduto un po’ di mais al Mulino Peila che esporta in tutto il mondo ed è interessato a questa specie antica.”
Il Pignoletto rosso è di tipo vitreo: cosa significa? Per cosa si usa questo tipo di farina?
“I Mais antichi sono puri: per questo si dicono vitrei, e si differenziano dal mais “giallo americano” perché questo è ibrido, quindi formato da due vitrei innestati. Le tipologie di mais antichi vengono piantanti per primi per evitare che al momento dell’impollinazione i due tipi di semente si mescolino, in modo da non perdere tutte le caratteristiche organolettiche della granella di tipo vitreo. Inoltre questo tipo di mais si può riseminare l’anno successivo alla raccolta, mentre quello ibrido, se ripiantato, si divide nei due vitrei da cui è stato creato. Da un punto di vita qualitativo, quest’ultimo è molto farinoso ed è per questo usato in zootecnia, mentre per le polente serve una materia che, al contrario, sia poco farinosa. Il Pignoletto rosso si usa principalmente per la polenta, per le gallette, e per tutti i prodotti di panetteria che, a discrezione del panificatore, si possono creare con questo tipo di farina.”
«È angosciante vivere in balìa delle condizioni esterne, ma questo è parte integrante del nostro lavoro»
Come si raccoglie questo tipo di granella? E che metodo di lavorazione usate?
“Fino all’anno scorso il Pignoletto veniva trattato con un metodo più antico. Normalmente si semina, si concima e si raccolgono le pannocchie senza mietitrebbia, con un macchinario che prende la pannocchia intera e la scarica nel rimorchio. Poi si usa la sfogliatrice e si tengono le pannocchie 25/30 giorni a essiccare, si divide la granella dal resto e infine si lascia in un essiccatoio statico. Quest’anno ho comprato un essiccatoio che permette di essiccare 65/70 quintali per volta sui 10/12 di quello precedente, e che permette un’essiccazione più precisa. Qui si può, tra l’altro, anche essiccare il grano saraceno, mentre il grano non ha bisogno di passare attraverso questa operazione perché è raccolto a giugno ed è già secco.”
Com’è per un giovane come te interfacciarsi con il mondo attuale e gestire un’azienda agricola?
“Per un ragazzo, come per chiunque, è difficile, perché sarebbe giusto fare pochi lavori ma svolgerli al meglio, mentre è un momento in cui bisogna fare tantissimo per riuscire a rimanere a galla. Bisogna fare i conti con costi sempre elevati che, tuttavia, variano di settimana in settimana in base alle imposizioni della borsa. Quindi oggi i guadagni sono molto più bassi di quelli di 20 anni fa; mio papà per fortuna si è ingrandito quando poteva guadagnare di più ed è stato lungimirante tanto da prendere numerosi macchinari che oggi ci permettono di sopravvivere. Ora lui mi aiuta più che altro per la contrattazione, perché in quello devo ancora acquisire abilità; se non ci fosse stato lui, io non mi sarei mai buttato in un’impresa del genere.”
Oggi si vive senza tener conto delle condizioni naturali del pianeta terra (e si vedono i risultati…): cosa significa condurre un’attività che dipende totalmente da fattori esterni e naturali?
“Devo sempre tenere in conto le piogge perché ci sono momenti in cui queste rischiano di produrre un danno enorme, come quando il terreno è stato sminuzzato per la semina, perché, se bagnata, la terra si impregna d’acqua e non respira più. Quando piove deve essere già stato tutto seminato e, dopo la semina, deve piovere necessariamente entro 20/25 giorni perché altrimenti i diserbanti non riescono ad agire. Non parliamo poi del problema della grandine in estate: non dimenticherò mai il 10 luglio 2011, quando ha grandinato tanto, ma per fortuna la granella era già formata perché il mais era un po’ avanti; inoltre, quell’anno le granelle valevano un sacco, quindi abbiamo comunque avuto un ricavo sufficiente. È molto angosciante vivere in balìa delle condizioni esterne, ma questo è parte integrante del nostro lavoro.”
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