[REPORT] I Ronin si addentrano nell’ignoto di Tod Browning

Dopo quasi un secolo dalla sua pubblicazione viene proiettato per la prima volta al Cinema Massimo di Torino l’opera di uno dei più visionari cineasti americani del secolo scorso. A rincarare il dosaggio ci pensano i Ronin, che per l’occasione hanno musicato dal vivo il Classico “The Unknown”, rendendo unico quel che già pareva imperdibile.

Gerri J. Iuvara  –  Non ci sorprende quello che è accaduto giovedì sera, rientra nella quasi normalità della programmazione del Cinema Massimo di Torino. Da anni ormai, uno dei cinema più importanti in città, affiancato dal Seeyousound – “Il primo Festival cinematografico in Italia completamente dedicato al cinema di genere musicale” – mette assieme due realtà all’apparenza inconciliabili: il cinema muto d’inizio novecento e la realtà della musica italica del nuovo millennio. Era già successo che gruppi come Offlaga Disco Pax, Giardini di Mirò o a brillanti strumentisti come Spaccamonti e Pilia, e certamente ne sto scordando tanti altri, prestassero la propria arte per ricreare il corredo sonoro a pellicole che ne fossero orfane. L’altra sera sono stati scelti i Ronin di Bruno Dorella per musicare uno dei lungometraggi più inquietanti della cinematografia americana: The Unknown, film del 1927 di Tod Browning mitico regista reso famoso dal capolavoro Freaks e dal successo del suo Dracula col mitico Bela Lugosi.

La storia dell’opera e delle sue vicissitudini è di per sé un romanzo, che però, vale almeno la pena citare. Questa come molte altre pellicole, non solo di Browning, era fino a qualche decennio fa classificata come perduta, non erano rimaste copie visibili ed era impossibile farsene anche un’idea. La svolta avvenne alla fine degli anni sessanta quando, fortuitamente, fu rinvenuta una copia all’interno degli archivi della Cinematheque Francaise, anch’essa tronca in alcune su parti ma certamente la versione migliore e più esaustiva reperibile. Infine, su una copia di quel ritrovamento, gentilmente offerta stavolta dal British Film Institute, è stato possibile organizzare la proiezione torinese.

Potremmo suddividere facilmente in due topos la disamina di quanto accaduto on stage: raccontarvi le gesta dello zingaro senza arti superiori e descrivervi come queste siano state narrate dai Ronin ma sarebbe poco giusto. Mai come in questi casi, la musica non può scindersi dalle vicende dello schermo. L’ambientazione iniziale del lungometraggio è quella circense, sullo sfondo di gigantesche tende, trapezisti e animali addomesticati. Queste immagini vengono commentate musicalmente dai Ronin con degli arpeggi gipsy o simil country, con un ritmo andante ma non troppo. Presentati i luoghi si passa alla narrazione dei personaggi principali, e su tutti svetta il protagonista, il grande Lon Chaney, detto “l’uomo dai mille volti” che interpreta Alonzo, lanciatore di coltelli senza braccia. Grande amore di Alonzo è Nanon la sua assistente, interpretata da una giovanissima e al tempo sconosciuta Joan Crawford, mentre nella parte del forzuto Malabar abbiamo Norman Kerry noto attore dell’epoca, già amico di un certo Rodolfo Valentino, per concludere infine con l’aiutante nano di Alonzo, il remissivo Cojo.

Ora, come fare a descrivere la progressione delle vicende e della musica senza rovinare il finale di chi magari avrà voglia di vedersi il film in futuro? Senza guastarvi la trama generale, vi basti sapere che tutto l’incedere ricorda un “piano inclinato”, e questo ha ovviamente caratterizzato anche le musiche. La vicenda di Alonzo altro non è che un continuo inabissarsi nel più raccapricciante degli incubi, un’oscura discesa nel Maelström delle emozioni, dove amore, gelosia, vendetta e morte sono affiancate da caratteristiche umane ben meno accettate come le malformazioni, le mostruosità, le mutilazioni, il sadismo e il sadomasochismo così da creare una miscela orribile quanto morbosamente affascinante. I Ronin hanno ben preso atto di queste vicende umane e le hanno abilmente amalgamate assieme alla loro musica, così l’epilogo del lungometraggio è una vera e proprio cavalcata, dove la sequenza conclusiva scolpita da un frenetico montaggio frutto di primi piani, inquadrature dal basso e dall’alto diventa l’apoteosi del film dove tutte le emozioni sopra citate prendono espressione e giungono al tanto agognato finale.

Difficile creare uno spettacolo più affascinante della proiezione di una pellicola d’epoca, ancora più arduo è pensare di trovare maggiore esaltazione rispetto ad un concerto live, se però c’è qualcosa che può smentire queste tesi, forse è la sonorizzazione dal vivo. Vedere il gruppo seduto nella prima fila imbracciando gli strumenti è una sensazione straniante quanto interessante all’interno di un cinema. Certo non meno straniante di una delle prime scene del film dove su di una pedana rotante il protagonista spara e lancia coltelli all’assistente con i soli piedi, mentre la macchina da presa segue vorticosamente la vicenda. Ecco, per oltre cinquanta minuti, su quella piattaforma c’eravamo tutti: c’erano Lon Chaney, Joan Crawford, Cristian Naldi, Diego Pasini, Matteo Sideri, Bruno Dorella, Tod Bowning e tra loro, io e il resto del pubblico.