L’anima dei Kings of Convenience Erlend Øye, norvegese di nascita ma già da qualche tempo siciliano d’adozione, sul palco del Ma per un concerto in acustico intimo e delicato, organizzato da Rocketta.
di Valentina Battini – Le previsioni meteo prevedevano che un ventata scandinava si abbattesse su Catania, e così è stato sabato sera al Ma, producendo il paradossale risultato di riscaldare l’atmosfera piuttosto che di far cadere gelidi fiocchi di neve. Perché oltre ai Crying Day Choir, gruppo svedese non nuovo in Sicilia, grazie all’opera di booking Rocketta, si è esibito Erlend Øye.
Il nome apparentemente impronunciabile e poco evocativo non faccia spaventare il lettore, perché in realtà è del tipo dai grandi occhiali e i capelli rossi anima dei Kings of Convenience – insieme a Eirik Glambeg Bøe – che si tratta.
Lui, originario di Bergen ha deciso di fare della Sicilia, ed in particolare di Siracusa, la sua nuova casa e alla luce di ciò si comprende come mai si presenti in un ottimo italiano, che lontano dall’essere stridente, crea piuttosto un insolito ed armonico connubio con la sua aria stralunata ed il suo humor decisamente di stampo scandinavo, pronto a tramutarsi in impietosa intolleranza di fronte ai brusii del pubblico.
E così da solo sulla scena, accompagnato solamente dalle corde della sua chitarra, dà inizio ad un concerto fatto di poesia e concentrazione. Oltre ad alcuni pezzi tratti dal suo ultimo album “Legao”, registrato insieme agli islandesi Hjálmar, dalle sonorità reggae e caratterizzato da un esotismo che evidenzia la sua anima cosmopolita ed eclettica, non mancano momenti in cui Erlend si cimenta in pezzi in italiano, che si sostanziano in distillati di pura poesia. La pronuncia corretta e la voce volutamente più flebile rendono l’esibizione discreta e malinconica, con il tema dell’estate, sia questa ai suoi albori o al suo sfiorire, leit motiv ricorrente della sua poetica. Ma non è sempre solo sul palco, perché poco dopo fa il suo ingresso in scena Gigi, scanzonato suonatore di mandolino, che con la sua presenza scenica ed il suo umorismo partenopeo ha dato vita a divertenti siparietti e duetti insieme ad Erlend, raggiunto per gli ultimi brani del concerto anche da Marcin Öz – con Erlend nel trio The Whitest Boy Alive – al tamburello.
La scaletta variegata vede l’alternanza di pezzi come Rainman o New for you, cover dei Moore Brothers. Ma ciò che più scatena un’allegra reazione del pubblico sin dal primo accordo è La prima estate, pezzo pop dal testo grazioso che rievoca sensazioni di spensieratezza come il blu del mare siciliano. Ben riuscito è anche l’omaggio a Gaber con Non arrossire e E la chiamano estate di Bruno Martino.
Finito il concerto viene richiesto insistentemente un bis, Erlend allora ricompare sul palco per intonare una malinconica e bellissima Estate, a patto che il pubblico tenda le orecchie e faccia silenzio.
Così si conclude un concerto bellissimo che si è snodato lungo il filo di suoni essenziali e versi delicati,dal sapore nostalgico, facendo fare all’ascoltatore un viaggio tra i lontani sentieri del cantautorato anni ’60 e il new acoustic movement.
GALLERIA FOTOGRAFICA A CURA DI GIULIA FIORE