Al Ma i VeiveCura di Davide Iacono presentano il nuovo lavoro discografico synth-pop “Me+1” prodotto da Rocketta Records.
di Raffaele Auteri – La prima volta è sempre particolare. L’emozione può tirare brutti scherzi, si è ansiosi, frenetici di salire sul palco per dar, finalmente, vita al lavoro di mesi. Non si dovrebbe parlare di prima volta per il progetto VeiveCura, ma in realtà è come se lo fosse. Con il loro nuovo disco, “Me+1”, il gruppo composto da Davide Iacono, Salvo Scusses e Salvo Puma, cambia veste, trova un quarto elemento di spessore (il batterista Milo Isgrò) e si mette in gioco avviandosi su una strada quanto mai tortuosa come quella della musica pop. È davvero una prima volta, perché, sebbene i volti siano noti, soprattutto nel catanese, dove l’allora trio ha più volte suonato con grande sussesso, ci troviamo di fronte a un nuovo gruppo. Cambiare pelle, pur rimanendo gli stessi. Forse perché, in fondo, i VeiveCura avevano sempre avuto questo cuore pop, tenuto a bada sotto una bellissima coltre di post rock, e che adesso ci viene presentato il tutto il suo splendore.
Bisogna dimenticarsi del trio stravagante capace di suonare come se fosse un’orchestra, adesso abbiamo di fronte quattro ragazzi carichi di sintetizzatori, suoni campionati e melodie orecchiabili. Lo si capisce subito già dai primi brani, Mirage e Kill Kids. Sono i bassi che adesso invadono il sound della band, a far da colonna portante alla marea di synth abilmente prodotti da Iacono e Scuccess. Isgrò dimostra, canzone dopo canzone, le sue qualità di musicista, riuscendo a muoversi benissimo tra batteria acustica e pad elettronico, mentre Salvo Puma continua, imperterrito, a sbizzarrirsi alla chitarra, questa volta “costretto” per tutto il concerto a muoversi lungo la struttura di brani quadrati, come si addice ad un concerto pop.
Davide non ha perso, però, le scelte stilistiche che hanno contraddistinto il progetto modicano, tenendo fede alla voce effettata che lo ha sempre accompagnato dal vivo e perdendosi, più volte, in intensi momenti di solo piano e voce (You Don’t su tutte), con l’immancabile e toccante citazione di Battisti con un scorcio di E Penso a Te. Piacevolmente sorprendente l’esecuzione di brani come Spark 90’s, dove spicca l’acclamato fiato di Scuccess, e Bad Animals: canzoni semplici, capaci di entrare in testa e non uscirne più. Su questo aspetto, il lavoro in studio e la sua fedelissima riproposizione live sono stati perfetti, riuscendo a creare un percorso dinamico e coinvolgente. Più il concerto prosegue, più però i VeiveCura si riavvicinano alle performance passate, diventando sempre più sognanti. Unica nota stonata, se così la si può definire, è la mancanza di molti brani dei lavori precedenti. Gli unici riproposti sono Baggio e Oxymoron che, per forza di cose, risentono molto della nuova veste con cui sono stati arrangiati, risultando sicuramente meno incisivi che negli scorsi tour.
Il concerto riesce comunque a non stancare mai, con una scaletta capace di presentarsi in modo deciso, abbassando i toni quando serve, per poi ripartire con brani energici o molto ballabili. Immenso il finale con Too Late, anello di congiunzione perfetto tra il nuovo e il vecchio sound: un tripudio di elettronica in chiave post rock.
A sorpresa un encore che strappa il sorriso, con i ragazzi che, richiamati a gran voce dal vasto pubblico giunto da diverse parti della Sicilia, suonano una cover synth pop di Stand By Me, molto piacevole all’ascolto, ma che fa un po’ rimpiangere quella piccola perla che era diventata oramai un cult del loro live: il medley Battisti/Rihanna che rapiva e poi sorprendeva.
Il quartetto, forse per l’emozione, sembra ancora nuovo a questo tipo di dinamica concertistica; più abituati a live intimi e sognanti, si trovano adesso su di un grande palco a cantare e ballare. È comunque un trionfo. Il trionfo dell’euforia, dell’allegria, del pop di classe. Mettersi a nudo, senza il timore di essere etichettati come musicisti venduti. I VeiveCura fanno emozionare, fanno divertire, ma, soprattutto, si emozionano e si divertono, riuscendo a trasmettere le mille emozioni che in quel momento hanno provato a tutto il pubblico. E si torna a casa, con il sorriso sulle labbra e quelle insidiose melodie che non vanno più via dalla testa.