[INTERVISTA] Fish&Chips Film Festival: un concentrato di piacere contro i tabù

Abbiamo seguito il festival torinese dedicato al cinema erotico: giovane, ben organizzato e, soprattutto, coraggioso. Tra una proiezione e l’altra, abbiamo colto l’occasione per intervistare Chiara Pellegrini, direttrice del Fish&Chips: un interessante scambio di battute tra porno, autoerotismo e tabù. 

di Pier Allegri  –  Si è svolta nella sera di domenica 22 gennaio al cinema Massimo di Torino, la serata di chiusura del Fish&Chips Film Festival del Cinema Erotico e del sessulae. L’evento è stato aperto al pubblico il 19 gennaio col film di animazione giapponese del 1973, “Belladonna of Sadness” di Eiichi Yamamoto, liberamente tratto da un libro di Jules Michelet, storia di stregoneria, vendetta e sesso con l’estetica dei quadri di Klimt e Schiele, un cult d’animazione per la prima volta in 4K. A chiudere invece, sei bei cortometraggi del progetto web “Four Chambers”, nato dalla mente dell’artista Vex Ashley con lo scopo di contribuire e analizzare l’evoluzione stilistica e linguistica del porno negli ultimi anni: sei cortometraggi per sei diverse sfumature di sessualità. Prima della proiezione, però, v’è stata la cerimonia di chiusura e di premiazione: dopo i dovuti ringraziamenti a staff e pubblico, sono stati annunciati i film vincitori di questa seconda edizione.

Per la categoria cortometraggi, menzione speciale a “Trouser Bar” di Kristine Bjorn, mentre il controverso “Memories of a Machine” della regista indiana Shailaja Padindala si aggiudica il premio come miglior corto. Si continua, sempre nella categoria cortometraggi, ma questa volta a tripla X (novità di quest’anno): menzione speciale all’australiano “Breathtaking”, regia di Morgana Muses, e miglior cortometraggio XXX a “Heimat XXX” (ovviamente..), opera del regista Sebastian Bominic Auer.
Nella categoria lungometraggi, cominciano le sorprese con due menzioni speciali, entrambi documentari: premio ex-aequo a “Churchroad” di Robert Vogel, analisi generazionale e presente sulla identità di genere in Olanda nella cornice del club gay “Churchroad” di Amsterdam, e all’argentino “Audaz se eleva” di Torres e Leiva, indagine storica a tinte osé sul rapporto dell’Argentina con la cultura porno.
Vince a sorpresa (con una punta di delusione) il premio come miglior lungometraggio di nuovo una regista indiana, Rama Rau e il suo “Leauge of Exotic Dancers”, viaggio all’interno del mondo del burlesque, i suoi idoli e le sue miserie.

Con una piacevole affluenza di pubblico, un programma assolutamente vario ed equilibrato tra retrospettive (quest’anno legate alle figure di Giuliana Gamba e la Marylin Chambers di “Gola Profonda”) e film d’autore europei e non, e un numero record di pellicole proposte (110 per i lungometraggi, 500 per i corti) il giovanissimo festival si distingue per la sua organizzazione, per la sua professionalità, e, oserei dire, per il suo coraggio. Non stupitevi se sentirete ancora parlare del Fish & Chips.

Avrei dovuto intervistare Chiara Pellegrini, la mente e (se mi permettete una punta di romanticismo) il cuore dietro al Fish&Chips Film Festival, un festival internazionale di cinema erotico svoltosi al cinema Massimo di Torino, nella serata di sabato, ma dal momento che le dispiaceva che perdessi uno dei film in programmazione per lei, ha preferito rimandare al giorno dopo.

Ci sediamo su una delle sedie all’entrata del Massimo, dove il suo team è rimasto dall’inizio alla fine salvo rare eccezioni. In tutto questo, sospetto abbia preso quell’influenza che sembra assillare tutti questi giorni (me incluso). Ma lei siede accanto a me, scusandosi della tosse e chiedendo un opinione sul film che lei gentilmente mi ha concesso di vedere. L’ho adorato.

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Partiamo dall’inizio: da dove nasce questo festival e come?

“Nasce da un mio interesse personale maturato all’incirca tre anni fa, dalla scoperta di festival dedicati alla sessualità in giro per l’Europa. Ho chiesto ad amici e collaboratori di buttarsi in quest’impresa assieme a me ed erano entusiasti. Contatto quindi il Museo del Cinema di Torino a cui chiedo la possibilità di proiettare al Cinema Massimo e si dimostrano assolutamente disponibili. Abbiamo cominciato a cercare sponsor privati (il nostro era un argomento sensibile che poteva causare delle incomprensioni ed esclusioni) e abbiamo dato inizio a una campagna di crowdfunding: sia questa edizione che quella precedente sono stati finanziati per metà dal crowdfunding.”

Quali sono state le difficoltà che ha riscontrato il festival da parte del pubblico e dai cinema di Torino?

Una volta che il museo ha dato il suo sì, non abbiamo riscontrato alcun tipo di pregiudizio. Non ci è stato imposto nulla, anche perché io ero stata molto chiara sul fatto che ci sarebbe stata anche della pornografia nel programma. Ma loro hanno confidato nella nostra proposta culturale e ci hanno lasciato fare. Il pubblico è venuto e ha mostrato da subito interesse, così come la stampa. E’ stato un riscontro assolutamente positivo. Mentre noi temevamo di diventare soggetti a critiche. Una bella fortuna.

Potrebbe sorgere il dubbio che la gente venisse a questo festival anche per i motivi sbagliati? Mi spiego meglio:  dove si fa del cinema a tema erotico, la gente venga sperando semplicemente di vedersi un porno.

“Non è mica un motivo sbagliato! (ride ndr). Non ci dispiace mica se la gente si interessa al porno. Siamo stati noi a proporlo. Abbiamo un programma molto vario con film con sessualità esplicita e film in cui non è esplicita. Non ci nascondiamo dietro un dito. Proponiamo una cosa e speriamo che la gente venga a vederla. Crediamo nella bontà di quello che offriamo in questo festival allo spettatore torinese. La presenza è stata buona sia alle proiezioni esplicite che quelle non esplicite. Sarebbe sciocco se ci offendessimo perché la gente viene a vedere qualcosa che abbiamo offerto noi.”

Mi piacerebbe parlare del tuo rapporto personale col cinema erotico.

“Mi stai chiedendo se guardo i porno? (risate ndr) Beh, ovviamente se organizzo un festival a riguardo, è chiaro che mi interessi. Se intendi il genere erotico, credo che ormai non si facciano più film di genere, tanto meno erotico. A me fa piacere avere all’interno del festival una finestra che guarda al passato: l’anno scorso avevamo Laura Antonelli, quest’anno Giuliana Gamba. Amo molto il genere documentario, sia “normale” che a tematica sessuale. E, come tutti, fruisco di pornografia.

Reputo ben più nocivo per una persona NON guardarla, la pornografia.

“Vabbé, ognuno fa le sue scelte.”

Dopo il primo giro di boa con l’edizione dell’anno scorso, questa seconda edizione ha avuto meno o più difficoltà della prima?

“Sicuramente quest’anno siamo più preparati. L’anno scorso è stato un po’ un salto nel buio, nonostante io avessi già lavorato per alcuni festival. Tenere le fila di tutta la macchina non è stato sicuramente facile. Però questa volta sapevamo cosa aspettarci, abbiamo capito gli errori e le falle della prima edizione e vi abbiamo posto rimedio. Poi, ovviamente il problema dei soldi rimane, con un budget limitato come il nostro, e siamo tutti impegnati a guadagnarci uno stipendio fuori di qua. A volte è molto stancante, però dà anche grandi soddisfazioni. Ne è valsa la pena, insomma. Assolutamente. Ci hanno spinto a fare questa seconda edizione del Fish&Chips. Per la terza vedremo.

Che idea hai per il futuro del festival?

“L’auspicio è trovare sempre più sponsor, sempre più finanziamenti per farlo crescere. Invitare più registi. Creare un miglior spazio di discussione sui temi di Fish&Chips.”

Ritieni che un festival di questo genere possa aiutare a sbloccare, o quantomeno a discutere, le inibizioni o pregiudizi di natura sessuale?

“Me lo auguro!”