Siamo stati a Eataly Torino dove, dopo un attimo di raccoglimento, siamo stati introdotti al culto del vero protagonista delle nostre tavole: il pane.
di Giorgia Bollati – Preparare un pane commestibile riesce a molti, un pane buono a pochi. È quindi cosa buona e giusta insegnare non solo a cucinare questo prezioso alimento, ma, prima di tutto, a degustarlo: a questo scopo, Alessandra Mastrangelo, insieme ad altri collaboratori, ha curato, per Slow Food Editore, il manuale “Il mondo del pane” che aiuta, come recita il sottotitolo, a conoscerlo, a sceglierlo e a farlo in casa. EATaly Lingotto ha ospitato, nella serata di venerdì 11 novembre, la curatrice, Leo Rieser (responsabile degli eventi di Slow Food Piemonte) e Luca Scarcella, panificatore del laboratorio Il Forno dell’Angolo in via Lurisia 7, che utilizza farine antiche e di alta qualità.
Il libro appartiene ad una piccola collana di Slow Food che tratta i temi più diffusi e attuali toccati dai dibattiti di enogastronomia e li approfondisce con immagini, spiegazioni ricche di dettagli e guide schematiche. In particolare, il pane resta un argomento di discussione sempre presente, demonizzato dai dietologi pur essendo alla base dell’alimentazione dell’uomo in ogni luogo e in ogni epoca. A prescindere dai tipi di preparazioni e dagli ingredienti aggiunti tipici delle varie culture, questo è sempre stato fatto con farina e acqua (con l’ingrediente jolly del sale) e tanta, tanta pazienza. Basti pensare a come la sola parola “companatico” rimandi all’idea del pane come alimento essenziale, e di qualsiasi altro cibo come mero accompagnamento. Al giorno d’oggi la tendenza è quella di optare per un pane che sia il più naturale e salutare possibile, con le farine ai cereali o non raffinate che hanno preso il sopravvento dal momento che si è scoperto che quelle raffinate contengono troppi zuccheri per non risultare dannose al nostro organismo, ed è in aumento la preparazione del pane con il forno di casa.
Primo step fondamentale per la riuscita di un buon filone è la scelta, appunto, della farina: quella di frumento è la più indicata, in quanto contiene la maggiore percentuale di glutine e, insieme all’acqua, favorisce la lievitazione aerea più soddisfacente. Alessandra Mastrangelo spiega, con il sostegno di Luca Scarcella, come una macinatura a pietra e una lievitazione lunga siano la chiave per la preparazione del pane desiderato; i lieviti risultano, dunque, il punto più complesso della lezione: per facilitare la comprensione, il panificatore mostra il suo lievito madre, quello che considera “il suo bambino”, che porta sempre con sé e cura quotidianamente facendosi sostituire da amici fidati in caso di contrattempi.
Scarcella ipnotizza e seduce gli sguardi degli osservatori impastando la pallina di pane mentre espone le differenze tra il lievito madre, il lievito di birra (oggi lievito compresso) e quello di tipo chimico e mostra come manipolare la pasta, come amalgamarla, tirarla e piegarla. Illustra poi gli impasti fatti con i pre-fermenti e spiega la pratica del “rinfresco”: la cura settimanale del lievito madre che deve essere integrato con farina, acqua e sale per rinvigorire i suoi fermenti.
Infine si passa alla cottura, il momento in cui si sente davvero il profumo della soddisfazione quando l’aroma del pane appena sfornato sfiora ogni angolo della casa: Scarcella raccomanda l’utilizzo di una pietra refrattaria e di una teglia bucherellata per una perfetta riuscita. Infine, mentre vengono distribuite porzioni di pane da degustare ai fortunati partecipanti del corso, Mastrangelo spiega come scegliere quello giusto, a partire dall’aspetto esteriore, passando per il profumo sprigionato dalla crosta e dalla mollica, per giungere (finalmente) all’assaggio.
Con i piatti sotto agli occhi, tuttavia, diventa difficile mantenere lo stesso livello di attenzione e, chi cercando di nascondersi, chi con nonchalance, tutti si dedicano al soddisfacimento delle proprie papille gustative desiderose di assaporare i 3 tipi di pane offerti da Scarcella. Questi, poco prima di andare via, si concede a qualche breve domanda e ci spiega quanto effettivamente sia dura la via del panificatore, ripagata, tuttavia, se vissuta con passione, dalla soddisfazione nel veder crescere il lievito madre, nel preparare un pane che sia il frutto dei propri principi e di una dura ricerca degli ingredienti migliori, e nel ricevere il sorriso di un cliente affezionato.
Racconta il suo esordio come giovane panettiere all’età di 17 anni, quando le alzatacce pesavano sulle palpebre, soprattutto dopo una serata passata con gli amici, ma quando già accarezzare con le dita il suo pane morbido lo faceva sentire vivo davvero. Una vita dedicata al pane: non un semplice cibo, ma un vero e proprio culto.